Il Tempo 08/08/1963

In ogni metropoli del mondo esistono sette segrete che adunano uomini e donne, i quali professano, con fede degna di miglior collocamento, le credenze più forsennate e più stravaganti

Non molti sanno che accanto alle tre o quattro religioni ufficiali, esistono in tutte le grandi città del mondo numerose conventicole a carattere semi-mistico, o aggruppamenti d’individui aventi in comune soltanto un’idea, che agli occhi della maggioranza appare quanto mai stramba, e del tutto indifendibile. Parigi è forse, tra le metropoli, quella dove il fenomeno e più vario e diffuso – almeno a giudicare dalle non poche inchieste effettuate in proposito sin da quando, nel 1928, E. Gascoin pubblicò per i tipi della Nouvelle Revue Française un suo ottimo studio intitolato Les religions inconnues. Ma assai più sorprendente dell’opera di Gascoin è il libro, or ora apparso, di Guy Breton, che s’intitola Les nuits secrètes de Paris, ed è stato pubblicato dalle Editions Noir et Blanc. La curiosità di Breton – non disgiunta da una specie di candido sense of humour — lo ha portato ad introdursi in certi ambienti, alla cui esistenza sarebbe quasi impossibile credere se l’Autore non si appoggiasse su dati precisi, e persino su fotografie. Il risultato è uno dei più sconcertanti panorami immaginabili, tali da muovere al sorriso, o alla preoccupazione, e da ultimo alla attenta riflessione.
Le prime pagine dell’elegante volume sono dedicate agli «omfalopsichici». Costoro ritengono che il corrotto mondo attuale possa ritrovare la innocenza dell’Eden attraverso il cordone ombelicale ideale che ci ricollega tutti ad Adamo. A tale scopo diverse persone, appartenenti a varie categorie e occupazioni, si riuniscono periodicamente in sedute, in cui ognuno contempla il proprio ombelico, mentre il capo della setta predica la necessità di ritrovare, attraverso tale pratica, il grande «occhio di purezza» perduto. Qualche volta — secondo l’affermazione di un seguace – qualcuno «vede aprirsi il grande occhio, e allora danza, avendo ritrovato la purezza primitiva»…
Qualora i contemplatori dell’ombelico non vi sembrassero abbastanza eterodossi, potreste avvicinarvi agli «adoratori della cipolla» — setta religiosa fondata nel 1929 da un certo François Thomas. Questi, partendo dall’esempio della cipolla a cui si taglia il germoglio per impedire che prolifichi, ne dedusse che un certo tipo di astinenza potrebbe, praticamente, rendere l’uomo immortale. Che ciò non sia mai avvenuto sinora, poco importa: gli «adoratori della cipolla» (oltre quattromila, e scusate se è poco) leggono un volumetto intitolato Il pic­colo libro del Signore, e so­no convinti — dice una delle adepte – che «un giorno, messaggio della Cipolla sarà inteso in tutto l’Universo».
Un’altra setta parigina ha anch’essa come scopo la salvezza dell’uomo, che da crisalide deve diventare farfalla. E’ guidata da uno strano personaggio che si fa chiamare assai·· poeticamente, «Angelo Ciclamino». Egli viene – così dichiara – da un pianeta che si chiama appunto Ciclamino, il quale si trova a oltre· 110 milioni di chilometri dalla Terra, e in cui abitano sol­tanto «farfalle», ossia individui perfetti. A chi gli osserva che gli astronomi non conoscono tale pianeta, «Angelo Ciclamino» tranquillo repli­ca che non potrebbe essere altrimenti, vista che esso —al pari dei suoi sette satelliti — è invisibile.
Alcuni gruppi sono particolarmente aggressivi contro questo o quell’aspetto pratico del mondo moderno. I «Cavalieri della Croce Bianca» guidati da un gran Maestro e da un Concistoro di dodici membri, se la prendono, anche pubblicamente, con la stampa, la radio, la televisione l’esercito, e – chissà perché – i cartoni animati. Ma il loro nemico numero uno è il denaro, cosicché alla fine di ogni riunione vengono raccolti in un cesto, e gettati alle fiamme, diecine e centinaia di biglietti di banca. Altri, che si fanno chiamare «Crociati di Meiningen», «Iconoclasti», sono convinti che la fotografia sottragga energie vitali alla persona fotografata, e danneggi il suo equilibrio psichico. E se il mondo va di male in peggio è proprio perché, neanche a farlo apposta, le persone più fotografate sono quelle che occupano i posti più in vista e di maggiore responsabilità! Gli· «Iconoclasti» raccolgono i maggior numero possibile di fotografie di Capi di Stato, uomini politici importanti, scienziati famosi, individui in posizioni-chiave, e cerimoniosamente le bruciano, convinti di compiere una azione redentrice e rigeneratrice. Benché la setta si raduni in gran segreto, è stato possibile a Guy Breton fotografare (con grave rischio personale, trattandosi di gente nemica della fotografia!) la scena finale del rito.
Altre associazioni si ricollegano a culti tradizionali, molto antichi e di cui si sa in fondo assai poco. Appartengono a questi gruppi i «Druidi», che ogni tanto appaiono in pubblico nei loro strani paramenti, e che celebrano i loro culti nei boschi, intorno a qualche menhir superstite. «Testimoni di Artemide» adorano la luna, che considerano un essere vivente. Fondata nel 1912 dal bulgaro Arpad Pradjick, la setta si riunisce ogni tanto nella foresta di Fontainebleau. I suoi adepti danzano alquanto svestiti al chiaro di luna, recitando poesie «lunari» (e un po’ anche… lunatiche), e parlano dell’astro d’argento come una madre comune. Il Primo capitolo di un Libro della Luna da essi diffuso e intitolato «Perché Essa ci ama».
E poi ci sono gli adoratori dell’uovo, i neo-medioevali, i cultori del fuoco, i seguaci di un portalettere che si ritiene Gesù Cristo, i reincarnazionisti, gli «eterei», e vari altri ancora: tutta una cate­na di tipi diversamente monomaniaci, che tuttavia non cadono, se non raramente, sotto l’osservazione dell’alienista, o del commissario di polizia.
Nei primi secoli dell’era cristiana, pullularono le più diverse e incredibili sette ereticali — la cui descrizione è stata fatta stupendamente da Flaubert in una serie di episodi della Tentazione di Sant’ Antonio. Vien fatto di chiedersi se non siamo nel bel mezzo di un’epoca non meno inquieta, in cui possa prevalere qualsiasi tipo, anche il più improbabile e cervellotico, di evasione metafisica; o se invece (come scrive Louis Pauwels nella prefazione a queste Nuits) non si tratti di aperture — anche se incoordi­nate, puerili e caricaturali – verso quel nuovo «realismo fantastico», che da qualche anno sembra apparire alla coscienza dell’uomo d’oggi, in rapida trasformazione.
EmilioServadio

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