Vogliono filmare Freud contro il parere dei familiari
Il Tempo 03/07/1961

E’ stato annunziato recentemente, e a più riprese, che nell’anno in corso verrà messo in cantiere un film sulla vita e sull’opera di Freud. Regista del film dovrebb’ essere John Huston; sceneggiatore, Jean-Paul Sartre.
Due nomi, come si vede, di primo piano – anche se non si può riconoscere né al noto regista, né al celebre filosofo e drammaturgo quella competenza specifica che sembrerebbe condizione sine qua non per l’elaborazione di un lavoro destinato ad illustrare ciò che Freud ha fatto e ci ha lasciato.
Qualcuno potrebbe osservare che stando così le cose, il film richiederà necessariamente due tipi di consulenza: quello dei familiari di Freud per quanto riguarda la vita del Maestro, e quella di uno psicoanalista affinché la sua opera scientifica sia adeguatamente trattata e rappresentata.
Orbene, si può essere senza altro certi che non si verificheranno né l’una né l’altra delle due predette circostanze.
I familiari di Freud – e in particolare la figlia Anna, che ne è la sola continuatrice sul piano dell’attività scientifica (essa è, infatti, la massima autorità vivente nel campo della psicoanalisi applicata ai bambini) – hanno già apertamente manifestato la loro opposizione. Il regista Huston ha a sua volta annunziato che farà di tutto per superare questo ostacolo: ma in verità non si vede come ciò possa avvenire. Dal punto di vista legale, nessuna obiezione a priori potrebbe, beninteso, essere sollevata contro di lui, o contro i produttori (tutt’al più, i parenti e gli eredi di Freud potrebbero, a cose fatte, chiedere il sequestro del film se lo ritenessero in qualche modo offensivo, o tale da travisare la sua figura). Tuttavia non sembra molto plausibile che un’opera cinematografica, intesa ad esaltare un uomo e una disciplina, possa tranquillamente realizzarsi contro il parere e la volontà delle persone che hanno avuto i più stretti legami con quell’uomo, e specialmente di chi ne porta il nome e ne continua l’attività.
Quanto agli psicoanalisti ripetiamo che, a nostro avviso, non se ne troverà neanche uno disposto a fungere da « consulente » per il film progettato – a meno che non venga sollecitata, e ottenuta l’opera non già di un analista freudiano, membro dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale, bensì di uno psicologo o psichiatra autonomo, o appartenente ad altro indirizzo. Tale prevedibile rifiuto di collaborazione (sempreché questa venisse richiesta) sarebbe motivato, al pari del diniego dei familiari di Freud, da considerazioni che cercheremo ora d’indicare sommariamente, e che, se pure ovviamente estranea a molti, non dovrebbero riuscire tali a persone avvedute e avvertite come John Huston o Sartre.
La prima di tali considerazioni è la più elementare, e riguarda la ben nota scarsità di vicende « spettacolari » (e, pertanto, suscettibili di interessanti trattazioni cinematografiche) nella vita di Sigmund Freud. Chi ha letto la breve autobiografia del Maestro, ciò che di lui hanno scritto persone responsabili come Ernest Jones o i due coniugi Bernfeld, e le numerosissime lettere di Freud recentemente pubblicate anche in italiano, sa benissimo che dal punto di vista esteriore, l’esistenza di Freud è stata piuttosto monotona: gli studi regolari a Vienna, quelli di perfezionamento in Francia, il matrimonio, i figli, la attività di terapeuta e di scrittore… Unici sprazzi in questo tranquillo curriculum furono un breve viaggio in America agli inizi del Novecento, le visite a varie città italiane, qualche pubblica onoranza… da ultimo, l’esodo forzoso da Vienna in seguito all’occupazione nazista, e la morte a Londra dopo un breve periodo d’esilio. Neppure il più spericolato soggettista potrebbe trovare in questa vicenda elementi per un film di successo.
Ma beninteso, né Hustol né Sartre possono aver pensato a rappresentare la vita di Freud come quella di un guerriero, o di un esploratore, o di un atleta, ossia come una semplice successione di eventi esterni. Il fascino di un film su Freud potrebbe, loro avviso, fondarsi invece sulla ricostruzione o trasfigurazione filmica di qualche « caso» in analisi, delle fantasie e dei sogni di questo o quel paziente, delle crisi profonde di persone che sotto i freddo «microscopio» psicoanalitico si sono trovate di fronte a loro insospettati, allarmanti panorami interiori. Che tentazione per uomini di cinema, progettare e realizzare scene in cui la realtà esterna si deforma e si confonde con i prodotti della fantasia, in cui i « mostri » dell’inconscio prendono corpo, in cui l’evocazione delle esperienze obliate diventa dramma, tormento, liberazione!…
Ma né Huston né Sartre, né coloro che caldeggiano un simile film, sembrano rendersi conto che rappresentare in immagini e in sequenze un « materiale » del genere sarebbe come accendere il fuoco dinnanzi a un cumulo dl paglia, o come mettere sostanze radioattive a disposizione di chicchessia. Bisogna ben ricordare che i processi dell’inconscio psichico sono altrettanto reali, e possono rivelarsi altrettanto pericolosi per gli uomini, quanto fuoco o le radiazioni atomiche; e che tali processi possono essere scatenati convogliati in modi e a scopi quanto mai diversi. In mano a un analista competente, la attivazione di certi meccanismi psichici può essere volta a fini di risanamento, e viene comunque via via sorvegliata e controllata. Per contro, sotto l’influenza di stimolazioni potenti, come potrebbero essere quelle di film su Freud, con le immancabili e impressionanti sequenze cui abbiamo accennato, innumerevoli nevrotici, o candidati alla nevrosi, correrebbero seri pericoli. Non v’é alcun dubbio che su tali persone, il film progettato eserciterebbe un’attrazione straordinaria, e che esse costituirebbero in tutto il mondo un’alta percentuale di spettatori: ma dal punto di vista dell’igiene psichica collettiva, tale partecipazione sarebbe senz’alcun dubbio deleteria. Non di rado accade che un film qualsiasi, per certi suoi particolari contenuti emozionali, operi negativamente su persone più o meno disturbate e ben lo sanno gli analisti, i quali debbono subirne, di riverbero, le non gradevoli conseguenze! Che pensare allora di un film, il quale nascerebbe fatto, per così dire, a bella posta per suscitare intensi commovimenti senz’alcun fine apprezzabile in persone predisposte, e per disorientarne sensibilmente infinite altre?
Ecco perché possiamo tranquillamente prevedere che nessuno psicoanalista degno questo nome accetterà di collaborare al film di Huston di Sartre. Conviene anzi sperare che le considerazioni anzidette, e la contrarietà di chi ancora porta il nome Freud, risparmino alla memoria del fondatore della psicoanalisi un «omaggio» che egli avrebbe severamente ripudiato, e a centinaia di migliaia di persone una stimolazione psichica non soltanto inutile, ma pericolosa. Confidiamo che uomini intelligenti responsabili come Huston e Sartre accolgano questo messaggio, e analoghe esortazioni che senza dubbio riceveranno, e rinunzino in tempo un progetto tanto brillante in apparenza, quanto sostanzialmente insidioso e malsano.
Emilio Servadio

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