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Esoterismo anni '20

ESOTERISMO ANNI ’20 – LO SPIRITUALISMO DI EDOARDO SCHURE’

In Luce e Ombra 1929

L’indirizzo odierno delle cosiddette « scienze spiritualiste » si scosta non poco da quello che ha orientato l’opera di Edoardo Schuré. La ricerca psichica tende oggi, e secondo noi giustamente, a limitarsi ad un lavoro di metodico accertamento, lasciando a coloro che ne sentano la necessità il considerare i nudi fatti, ch’essa ci pone innanzi, come conferma di postulati più generali, i quali non sono dimostrabili se non per mezzo di una esperienza diversa da quella empirica. Le stesse indagini in tema di occultismo e di dottrine esoteriche debbono oggi sottostare, se vogliono garantire a sé stesse un minimo riconoscimento di serietà, a condizioni rigorose, la prima delle quali è il partire dai risultati della scienza « ufficiale » come da un terreno che si conosce e che si oltrepassa.
Queste esigenze, Schuré non le ha sentite che in minima parte: nè poteva esser diversamente, poiché esse, ripetiamo, sono del tutto contemporanee. Ma, anche in quella parte minima, Schuré è stato, come in tante altre circostanze, un precursore, e come tale va riconosciuto e ammirato da chi oggi, pur seguendo vie diverse e non essendo disposto ad accettare in blocco le sue idee, abbia però con lui comuni alcuni principi generali; combatta in difesa di un ordine di valori che è molto al disopra delle differenze di metodo e, in genere, delle particolari contingenze.
Lo spiritualismo di Schuré è stato, più che una conclusione di processi d’ordine intellettualistico, una fede; e i suoi scritti, che si appoggiano sopra un numero talvolta assai limitato di fonti o di documenti, sono il frutto di una enorme potenza intuitiva e sintetica posta al servizio di questa fede. Così sorgono, in ordine di tempo, libri come « I Grandi Iniziati » o « L’Evoluzione divina ».
Così gli è possibile, mentre i pubblici tacciono e la critica è ostile, divinare il posto che l’opera wagneriana occuperà nella storia del dramma musicale.
È abbastanza facile, contrariamente a quanto si pensa, ritrovare nelle opere di Schuré il suo « credo » espresso in poche formulazioni definite: egli ha condensato, per esempio, i punti cardinali della sua dottrina, nella « Confessione filosofica » che precede l’ampio studio scritto su di lui da Roux e Veyssié; riteniamo opportuno tradurre i paragrafi essenziali, rimandando il lettore, per ulteriori chiarimenti, al testo intero, od anche alla prefazione dei « Grandi Iniziati ».
La saggezza esoterica, secondo Schuré, pone come principio che la conoscenza approfondita e trascendente del mondo inferiore può sola fornire le chiavi per la conoscenza del mondo esteriore. Le sue sorgenti sono l’Intuizione, la Veggenza e la comprensione delle Idee Madri nel loro insieme organico.
Il suo metodo è l’applicazione di queste idee a tutti i campi della Scienza, dell’Arte e della Vita, sotto il controllo severo dell’osservazione e della ragione.
Il suo strumento di lavoro, che le serve ad un tempo d’orientamento e di pietra di paragone in quest’opera completa e sottile, è la legge delle, analogie universali e differenziate, che permette di ricondurre i fenomeni più vari alla loro unità primordiale.
Intuizione, Esperienza e Sintesi riassumono il metodo di ogni scienza…
E, più oltre:
L’uomo è insieme corpo (o materia), anima (o forza plastica) e spirito (o ragione cosciente, intelligenza, io divino). Questo spirito è l’essenza eterna del suo essere. L’anima e il corpo sono gli strumenti necessari per la sua evoluzione nel tempo.
E omologamente l’universo si compone del mondo fisico, del mondo delle anime e del mondo divino…
Questi enunciati non hanno bisogno di lunghi commenti. Ognuno scorge la loro indeterminatezza, il loro curioso schematismo, che ricorda le semplicistiche costruzioni dello spiritismo dei primi tempi.
Oggi, si potrebbe dire, solo un ingenuo può scrivere così. Eppure, Schuré fu tutt’altro che un ingenuo, e il suo spiritualismo non si esaurisce certo in queste formule. Ma prima di mostrare come, secondo noi, sia necessario desumere il suo insegnamento dalla sua opera complessivamente considerata (e ciò con una intuizione sintetica simile a quelle di cui egli ci ha dato tanti esempi), sarà opportuno notare che singoli punti, di quelli più specialmente contemplati dalla nostra ricerca, sono stati invece scorti dallo Schuré con precisa chiarezza. Anzitutto, rileggiamo le prime righe dei passi che abbiamo riportati più sopra: in esse, come in vari altri scritti di Schuré, si trova perfettamente delineato quel concetto di « esperienza interiore » che costituisce un punto fermo della ricerca spiritualista, se pure ai nostri giorni esso è stato molto approfondito e giustificato anche in sede filosofica. Quando Schuré afferma, in altro luogo, che « solo immergendosi nelle ultime profondità del proprio essere l’uomo può toccare il Divino e di là risalire alla sfera delle potenze eterne», non fa che esprimere lo stesso concetto nella forma trasfigurativa e poetica che gli è propria, ma rivela quanto in lui quest’idea fosse salda e ormai indiscutibile. E quando egli ci narra come pervenne alla conoscenza delle verità spiritualiste, afferma: « fu un’esperienza della via inferiore, seguita da una larga sintesi intellettuale ». « Lo spirito è la sola realtà: la materia non è che la sua espressione inferiore, cangiante, effimera, il suo dinamismo nello spazio e nel tempo » (prefazione ai « Grandi Iniziati »). Oggi queste parole non fanno più, anche a chi si occupi di altro ordine di studi, l’effetto che dovevano fare all’epoca in cui apparve l’opera capitale di Schuré. Epoca non solo di fatto materialistica (su questo piano poco c’è da rallegrarsi), ma in cui il materialismo in tutte le sue pseudo-giustificazioni concettuali teneva ancora il campo, e solo cominciava a presentirsi un risveglio in filosofia. A noi oggi una svariatissima fenomenologia, empiricamente constatata; la dissoluzione del concetto di cosa in sè operata dalle correnti idealistiche; uno studio approfondito di alcune tradizioni specialmente orientali, hanno reso questo principio quasi parte integrante del nostro patrimonio intellettuale, come una conquista che nessuno ci potrà più togliere. Ed anche qui, dunque, riconosciamo a Schuré quanto gli è dovuto.
Lasciando questo punto, che ci pare sufficientemente chiarito, passiamo senz’altro a considerare quale sia, secondo noi, la funzione che Schuré ha esercitato in favore dello spiritualismo. La sua opera, come tutti sanno, non è quella di uno scienziato o di uno storico: è quella, prevalentemente, di un poeta. Ma non è affatto indifferente, dal punto di vista che c’interessa, e che non è quello puramente estetico, il fatto che un poeta abbia scelto, come protagonisti di vaste sue opere di rievocazione, le figure dei fondatori delle grandi religioni, o i sommi artisti del Rinascimento, anzichè altri soggetti diversi od opposti di fronte ai valori dello spirito. La stessa teoria dell’« arte per l’arte » va, del resto, felicemente tramontando. Ma, anche senza entrare in discussioni di estetica, limitiamoci a ricordare che se in sede scientifica opere come « I Grandi Iniziati » possono essere discusse e combattute, esse conservano un valore globale spiritualmente indiscutibile. E non solo questo, ma tutti gli scritti di Schuré portano la stessa impronta, la stessa ansia di elevazione verso un piano che non sia più quello delle contingenze materiali. Nel « Sogno della mia vita », volume di memorie, recentemente apparso anche in traduzione italiana, egli manifesta in ogni pagina questa sua volontà di affermare sugli altri i valori dello spirito. E la sua vita è una conferma di questo « senso del divino » ch’egli ha tentato di rintracciare nei suoi libri. Tutto a lui parla in simboli, visioni e trasfigurazioni: «sub specie divinitatis». Egli vive in questo mondo in uno stato di perpetua ebbrezza che, più che estetica, vorremmo dire estatica, se la parola non fosse troppo forte. Certo, Schuré visse profondamente quello che scrisse. Nella « Storia del Lied » e nella « Storia del dramma musicale » egli studiò la funzione che la musica, nelle sue forme più spontanee o più elevate, può esercitare sullo spirito umano; nelle «Grandi leggende di Francia», nei « Grandi Iniziati », nel « Teatro dell’anima » fece rivivere in forma smagliante figure e miti che parevano destinati a rimanere in eterno soggetto di discussioni accademiche o di retoriche apologie; nelle «Donne ispiratrici», nei « Profeti del Rinascimento » indicò l’influenza degli individui nei quali brilla il fuoco spirituale, sulla storia dell’umanità. E nelle sue opere minori, nei romanzi, nei poemi, nei saggi di varia indole, è sempre questa preoccupazione di illuminatore e di risvegliatore. Tale è l’insegnamento di Schuré, quello che noi riteniamo, quello che resterà, indipendentemente dalla sorte che l’avvenire sia per riserbare alle sue opere. In altra circostanza si potrà classificare nel tempo quanto Schuré ci ha lasciato, rintracciare le sue fonti, le influenze che si esercitarono su di lui. Oggi, a così breve distanza dalla sua scomparsa, questo sarebbe prematuro, e anche scarsamente opportuno. Ci basti dunque aver indicato quale sia stata la sua funzione in un’epoca specialmente inadatta a comprendere le sue nobilissime aspirazioni, i suoi tenacissimi sforzi per tradurle in pratica, la sua battaglia d’isolato alla conquista di un bene che non è valutabile in moneta terrena.
EMILIO SERVADIO.

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