Il Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962

            Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».

            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali. 

            Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.  

            Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.

            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.

            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.

            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.

            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.

Emilio Servadio

Il bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidiane

Il Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962

            Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».

            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali. 

            Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.  

            Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.

            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.

            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.

            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.

            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.

Emilio ServadioIl bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidianeIl Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962             Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali.             Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.              Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.Emilio Servadio

Il bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidiane

Il Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962

            Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».

            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali. 

            Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.  

            Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.

            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.

            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.

            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.

            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.

Emilio ServadioIl bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidianeIl Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962             Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali.             Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.              Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.Emilio Servadio

Il bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidiane

Il Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962

            Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».

            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali. 

            Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.  

            Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.

            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.

            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.

            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.

            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.

Emilio Servadio

Il bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidiane

Il Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962

            Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».

            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali. 

            Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.  

            Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.

            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.

            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.

            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.

            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.

Emilio ServadioIl bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidianeIl Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962             Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali.             Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.              Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.Emilio Servadio

Il bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidiane

Il Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962

            Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».

            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali. 

            Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.  

            Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.

            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.

            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.

            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.

            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.

  Il bambino «a cronometro»

Le difficoltà quotidianeIl Giornale dei genitori, Anno IV- 6-7 giugno-luglio 1962             Uno dei problemi che più occupano e preoccupano oggi genitori, insegnanti e pedagogisti è quello della «libertà» del bambino: tema inesauribile, che è stato molto studiato e al quale un noto psicoanalista, il Wittels, ha dedicato un intero volume, intitolato appunto «La liberazione del bambino».            I moderni orientamenti pediatrici hanno liberato il bambino da molte costrizioni fisiche – fasciature aderenti, legami e impedimenti vari dell’abbigliamento -, riconoscendone tutta l’irrazionalità e pericolosità.  Ma non si sono altrettanto preoccupati, mi sembra, delle costrizioni psichiche, spesso non meno pericolose, e quasi sempre altrettanto irrazionali.             Prendiamo un esempio tipico della vita quotidiana: la pedanteria nell’alimentazione. Certe esigenze della vita moderna hanno imposto agli adulti i pasti ad ore fisse, e ciò può avere i suoi vantaggi. Tuttavia almeno per un certo periodo, è opportuno applicare questa norma al bambino con molta elasticità e prudenza: criterio che viene invece spesso totalmente ignorato. Genitori ed educatori sembrano talvolta, anzi, mettere un particolare impegno nel regolare l’alimentazione del bambino a cronometro. Questo può avere sgradevoli conseguenze sia sul piano fisico, sia su quello psichico. Sul primo perché l’esperienza insegna che mangiare per forza, e quando non se ne ha voglia, disturba i processi digestivi. Sul secondo, perché ciò può ingenerare nel bambino sia moti di ribellione, con conseguenti sgridate e relativi sentimenti d’insoddisfazione o di colpevolezza, sia meccanismi d’identificazione eccessivi rispetto all’«autorità», i quali più tardi potranno a loro volta determinare tratti troppo rigidi e iperscrupolosità nel carattere.              Molti errori analoghi di comportamento si compiono quando si tratta di altre attività del bambino: pulizia, riposo, studio. Tutti abbiamo presente la figura del bambino «stile Ottocento», il bambino modello di cui genitori e maestri vanno orgogliosi, il bambino la cui vita è regolata come un orologio, sempre puntuale, ordinato, corretto, obbediente, educatissimo. Che un bambino simile sia «comodo» per i genitori e per gli adulti, nessun dubbio! Ma sarebbe interessante vedere a quale prezzo tutto ciò è stato ottenuto. In moltissimi casi, tali bambini sono destinati ad accrescere il vasto numero dei nevrotici nell’età adulta; sono dei candidati alla nevrosi ossessiva, o a serie nevrosi di carattere, per cui la loro vita, «costretta» esteriormente all’inizio, si svolgerà poi secondo linee di condotta anguste e abnormi e sarà notevolmente infelice.            Abbiamo, in principio, parlato di libertà. Ma in quale senso va intesa questa libertà? Non certo di libertà incondizionata, di anarchia. Psicologicamente, l’anarchico non è affatto un uomo «libero». Il tipo psicologico dell’anarchico è quello d’un individuo internamente instabile, che non ha saputo superare e risolvere alcuni gravi motivi polemici infantili, che è tuttora oppresso da un’«autorità» interna troppo severa – per cui potrà, in casi estremi, «proiettare» questa autorità all’esterno e attaccare violentemente un uomo o un’istituzione. Ciò non accadrà mai nell’uomo interiormente «libero», ossia privo di gravi conflitti inconsci.            Il bambino che non viene smodatamente «costretto» in fasciature mentali e morali, trova poco a poco da sé, attraverso il continuo contatto con la realtà, un suo equilibrio psichico, ossia quella «libertà» che è compatibile con il vivere sociale. Qualsiasi pedagogista o psicologo moderatamente orientato, potrebbe descrivere certi bambini «rompitutto» e indisciplinatissimi, che i genitori, disperati, accompagnano ai consultori psico-pedagogici o, nei paesi in cui vi sono specialisti del ramo, da un esperto di psicoanalisi infantile. A un esame approfondito, questi bambini rivelano una situazione interna del tutto inconciliabile con l’idea di «libertà». Sono spesso bambini che cercano in modo tanto inconsapevole quanto irresistibile, di essere puniti: segno evidente che la loro «costrizione» interiore è grave e intollerabile, che la loro normale aggressività si è rivolta sostanzialmente contro di loro, e ch’essi tendono non tanto a recar danno agli altri quanto a colpire sé stessi.            Non sempre però la spiegazione è questa. In altri casi, meno gravi, il comportamento irregolare del bambino può essere semplicemente, e transitoriamente, una reazione a fenomeni di ambiente che lo turbano o lo rendono irrequieto. Se il bambino non riceve, per esempio, tutto l’amore e le cure che vorrebbe, se ritiene, più o meno inconsciamente, d’essere trascurato, può esprimere indirettamente la sua protesta e il suo bisogno d’attenzione attraverso atti che richiamino, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo, quell’attenzione. Neppure questi si possono definire bambini «liberi». Anche in loro agiscono determinate costrizioni invisibili. La loro indisciplinatezza è una pseudo-libertà. Un ragazzino di mia conoscenza, trascurato dalla famiglia, faceva il rompicollo per la strada, esponendosi a dannosi incontri e a rischi obiettivi. Consigliai al padre di andare sovente a spasso col bambino, d’interessarsi ai suoi pensieri e al suo mondo, e di non occuparsi, per un certo tempo, delle sue «uscite» per la strada. Il risultato fu che l’interesse del bambino si spostò gradualmente, e che le passeggiate col padre gli diventarono, in complesso, assai più gradevoli dei suoi sfoghi precedenti. Continuò, è vero, a giocare coi suoi coetanei – il che era del tutto naturale – ma con minor frequenza e, soprattutto, con assai minore virulenza e pericolosità.            Parlando di «libertà» e «costrizione» ho considerato questi termini non tanto in rapporto ai nostri atteggiamenti coscienti, quanto rispetto ai motivi inconsci, per cui a una vera libertà interiore corrisponde un comportamento «frenato» e coordinato, mentre a gravi «costrizioni» interne può corrispondere un comportamento inibito e nevrotico, che produce sempre sofferenze individuali, e conduce anche, talvolta, ad atti irragionevoli, e quindi a danni maggiori o minori per l’ambiente e per la società.Emilio Servadio

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