Si torna all’ipnosi
Vita, 30 Aprile 1959

Poco tempo fa, una ragazza americana, ridotta in condizioni allarmanti da una serie interminabile di accessi di tosse che le toglievano la pace, l’appetito ed il sonno. fu ipnotizzata in ospedale dal Dott. Gwartney, psicologo e psicoterapeuta, e poté tornare a casa dopo tre sedute. E’ questo uno dei molti casi in cui l’ipnotismo, risorto dopo lunghi anni di quasi totale abbandono, è stato adoperato con indiscutibile vantaggio. I campi di applicazione più fertili dell’ipnotismo sono oggi quelli della piccola chirurgia, specialmente odontoiatrica, dell’ostetricia (preparazione al parto e parto indolore) e della psicoterapia (problemi di comportamento, psiconevrosi lievi, ecc.). I suoi limiti dipendono dal fatto che l’ipnotismo è pur sempre – una terapia sintomatica e non causale, e che non tutti i pazienti sono ipnotizzabili.

«Oscillatorietà periodica». Gli aspetti più interessanti di questo «ritorno dell’ipnotismo», contrassegnato – oltre che da un’intensa attività medico-psicologica – da una vasta produzione libraria, e da un fiorire di saggi e di articoli in periodici di tutto il mondo, sono i seguenti: la sua accettazione da parte di organizzazioni altamente responsabili, come le Associazioni mediche britannica e statunitense: la caratteristica «oscillatorietà periodica» dell’interesse per l’ipnotismo, per cui è nuovamente oggi in auge ciò che non lo era più venti o trent’anni fa, e che aveva avuto analoghi alti e bassi nel secolo scorso; la sempre maggior precisione con la quale, mediante apparecchi di misurazione e raffronti psicologico-clinici , si controllano oggi le tecniche d’ipnotizzazione, le fasi dell’ipnosi, e l’intensità degli stati ipnotici.
Circa quest’ultimo punto, sono da segnalare i lavori della Sezione di neuro-anatomia dell’Università di Yale (Stati Uniti), guidata dal dott. Leonard J. Ravitz. In un suo recente rapporto il dott. Ravitz ha descritto in qual modo la profondità dell’ipnosi in una serie di pazienti sia stata misurata con millivoltmetri, e registrata mediante apparecchi fotoelettrici. E’ stato regolarmente constatato che tra lo stato di veglia e quello d’ipnosi si ha una «caduta» misurabile in millivolts, che può andare da + 40 a – 18 o a – 20. Moltissime prove hanno indotto il dott. Ravitz a formulare i lineamenti di una nuova teoria neuropsichica della ipnosi, che non contraddice quelle psicologiche, ma le integra in sede neurologica. L’ipnotizzatore stimolerebbe energie psichiche arcaiche (paleocorticali), le quali attiverebbero in modi particolarmente intensi i centri psichici superiori e di formazione più recente. Da ciò la coesistenza, nell’ipnotizzato, di manifestazioni di vivida intelligenza, e di atteggiamenti infantili e «primitivi». Sarebbe, in sostanza, come se ad un moderno, perfettissimo radiatore venisse fornita l’energia termica dal sottosuolo del Vesuvio.

Bambino e adulto. La teoria di Ravitz trova riscontro in quella proposta in sede psico-analitica, già molti anni or sono, da Sandor Ferenczi e da Ernest Jones. Secondo questi Autori (le cui vedute in proposito sono oggi generalmente accettate in psicologia dinamica), l’ipnotizzato tende a rivivere rispetto all’ipnotizzatore lo atteggiamento credulo e passivo di un bambino nei riguardi del padre e della madre. Avviene cioè in lui una regressione emozionale, accompagnata dalla «proiezione» intensa di una immagine di genitore sulla persona dell’ipnotizzatore. Tali fenomeni si svolgono però sul piano emozionale, e non implicano un pari arretramento e un’analoga coartazione dell’intelligenza. Perciò l’ipnotizzato è al tempo stesso bambino e adulto, e le sue facoltà superiori, anziché essere abbassate, possono venir potenziate dalla suggestione ipnotica, come si osserva quando l’individuo riesce a svolgere, nell’ipnosi o nello stato post-ipnotico, compiti singolarmente difficili, sicuramente pertinenti al livello più evoluto della sua personalità.

Emilio Servadio

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