Luce e Ombra 1923 pp.348-353
Con questo titolo il dott. Pierre Janet ha ripreso, considerandoli da un punto di vista più teoretico, gli argomenti sviluppati nella sua opera precedente: « Les médications psychologiques » ( ); in detta opera egli, per ragioni didattiche, aveva corredato l’esposizione puramente descrittiva con numerose osservazioni di casi clinici. Era dunque opportuna una condensazione, diremo così, di quei tre poderosi volumi; condensazione quanto mai chiara e precisa, aumentata di molte nuove notizie, e che costituisce nel suo complesso un ottimo breve trattato di teorica psicoterapeutica.
Il volume si divide in tre parti: la prima, puramente storica, espone l’origine e l’evoluzione dei diversi metodi di cura morale; la seconda tratta dei fenomeni psicologici e delle leggi sulle quali si basano i più interessanti tra i metodi suddetti; la terza in fine indica in quali condizioni tali metodi possono essere applicati con possibilità di buon esito.
Nella prima parte dell’opera presentano particolare interesse le pagine sulla « Christian science » e quelle sulla Psicoanalisi.
La « Christian science », che ha avuto ed ha tuttora importanza grande negli Stati Uniti d’America, è tenuta da noi in ben scarsa considerazione. E’ necessario ricordare che tale dottrina fu fondata da una Mrs. Eddy in seguito alla guarigione di una paraplegia crurale che durava da cinque anni, guarigione ottenuta, mediante una cura morale, da un certo P. P.
Quimby, che aveva modificato le pratiche magnetiche, da lui imparate osservando le esperienze di un magnetizzatore francese. La dottrina si basa particolarmente su due negazioni: la negazione della materia, e la negazione della malattia: si viene in altre parole ad affermare che, non esistendo la materia, la malattia non è che un’illusione, che si deve forzatamente guarire con una appropriata cura morale: la « Mind cure ».
Il dott. JANET liquida, con molta ragione a mio avviso, la terapeutica della « Christian science », facendo osservare che essa si basa in fondo sulla influenza che l’idea del malato ha sul decorso della malattia, e che quanto a certe teorie sulla volontà, sul rapporto tra medico e ammalato ecc., essa si riallaccia alle teorie di Mesmer e dell’antica scuola magnetica francese.
Seguono poche pagine sulla suggestione ipnotica, che ricordano efficacemente le origini del trattamento suggestivo ed arrivano alla decadenza dell’ipnotismo ufficiale. E dopo aver ricordato altre terapeutiche minori, che il dott. JANET ricomprende sotto il titolo di « Aesthésiogénies », si viene a parlare della «liquidazione dei ricordi traumatici » e della Psicoanalisi.
La critica acerba del dott. JANET alle teorie del FREUD si basa anzitutto sull’affermazione che il creatore della Psicoanalisi non ha fatto altro che generalizzare, trasformandole in sistema di filosofia medica, le osservazioni che il dott. JANET stesso stava compiendo all’epoca della venuta del FREUD alla Salpétrière.
Io non sono in grado di discutere questa affermazione: trovo però assai strano che i metodi della Psicoanalisi abbiano compiuto tanto cammino senza che il dott. JANET abbia vigorosamente fatto valere la priorità delle sue osservazioni. Quanto all’alta critica, amo tradurre testualmente la parola dell’autore:
Quando si è decisi a ritrovare in tutti i nevropatici un ricordo di una avventura emozionante, capace di sconvolgere la coscienza, quando si ammette – a priori che questo ricordo sarà sempre più o meno represso, dissimulato sotto dei simboli e delle metafore e che non sarà esposto dal malato che con reticenze e con sforzi, si arriva quasi forzatamente alla scoperta di segreti d’alcova.
Per quanta stima abbia del dott. JANET, non mi riesce di esser d’accordo con lui in questa affermazione. Se esaminando un nevropatico ed applicando al suo caso i metodi della Psicoanalisi si giunge alla conclusione che per guarire la sua nevropatia è necessario liquidare il ricordo di un trauma psichico, che ha per causa un’emozione sessuale, evidentemente, se l’analisi è ben condotta e (ciò che è più interessante) se l’ammalato guarisce, l’origine della nevropatia era proprio sessuale, per quanto il dott. JANET pensi il contrario. E se moltiplicando le osservazioni si giunge quasi costantemente alle medesime conclusioni per quanto riguarda l’origine sessuale della maggior parte delle nevropatie, si ha tutto il diritto d’innalzarle a dignità di teoria; la quale io non credo sia affatto menomata dall’osservazione che abbiamo riferito. E neppure posso esser d’accordo con l’illustre scienziato sulla seguente frase riassuntiva:
La Psicoanalisi è oggi l’ultima incarnazione di quelle pratiche nello stesso tempo magiche e psicologiche che caratterizzavano il magnetismo: essa ne conserva i caratteri, l’immaginazione e l’assenza di critica, l’ambizione invadente, l’ « allure » epidemica, la lotta contro la scienza ufficiale.
Secondo me l’importanza della Psicoanalisi è ben altra: questa feconda teoria, che ha dato già un così valido contributo alla medicina psicologica, ha un avvenire di applicazioni che si intuisce importantissimo senza perderci in elenchi basta ricordare che il nuovo indirizzo degli studi di Metapsichica ad es., apre alla Psicoanalisi il suo campo sterminato di ricerca sperimentale. Le terapeutiche derivate dalle religioni, le rieducazioni, le cure per mezzo della fede, del lavoro ecc., formano oggetto di un altro capitolo, sul quale non ci dilungheremo. Basti ricordare come particolarmente interessanti le numerose analogie che il dott. JANET trova tra la « Christian science », il « New thought movement », da questa derivato, e i vari metodi di moralizzazione, specialmente quello del DUBOIS.
Con una breve trattazione delle terapeutiche psicofisiologiche, riguardante particolarmente la « Rest cure » del dottor WEIR MITCHELL, si chiude la prima parte del libro del dott. JANET.
Nella seconda parte, come ho accennato, il dott. JANET pone i principi su cui si basa la medicina psicologica. Questi principi, secondo l’autore, sono precisamente quattro: e quattro appunto sono i capitoli di questa seconda parte, ossia: « L’azione morale », « L’utilizzazione dell’automatismo », « Le economie psicologiche », «Le acquisizioni psicologiche ».
Che cosa intende il dott. JANET per azione morale?
Passando rapidamente in rassegna alcune tra le più tipiche terapeutiche esaminate nella prima parte del volume, il dottor JANET rileva come in fondo l’elemento unico ed efficace dei metodi in questione sia l’azione che il metodo stesso ha in genere sul morale dell’ammalato, a parte l’influenza diretta che possa avere sull’affezione neuropatologica dell’individuo stesso.
Scrive l’autore a pag. 110 del volume:
Prendete una femminuccia che si annoia senza interesse e senza parte nella vita, e fatele comprendere ch’essa diverrà una sonnambula extra lucida capace di traversare col pensiero il tempo e lo spazio, di meravigliare gli uomini e di colmarli di benefizi; fatele comprendere ch’essa collaborerà con uomo superiore, cui essa darà il suo tempo, la sua vita, un po’ del suo amore perchè egli faccia, grazie a lei, un libro meraviglioso che salverà l’umanità. Non è forse evidente che tali individui saranno trasformati moralmente e fisicamente, senza che sia necessario fare appello alla potenza degli Dei o all’azione del fluido?.
Stabilito questo principio si comprende, sempre secondo il dott. JANET, come importanza relativa abbia il trattare un ammalato con la suggestione piuttosto che con la Psicoanalisi o la « Rest cure »; l’essenziale è l’azione morale che il metodo esercita vigorosamente su di lui. E la forza dell’azione morale, implicitamente riconosciuta da tutti i teorizzatori, si appoggia sopra una sola constatazione, in cui tutti sono concordi: la potenza dello spirito umano.
L’esaurimento delle forze nervose necessita evidentemente una cura che cerchi di economizzarle. Ed ecco il secondo principio: quello delle economie psicologiche. Dopo aver considerato i due problemi dell’esaurimento e delle « spese » de lo spirito, il dott. JANET esamina i vari metodi per ottenere le economie necessarie. Il WEIR MITCHELLI già ricordato, e i suoi seguaci, hanno proposto la cura del riposo. II JANET, pur riconoscendo l’utilità che dal riposo può derivare all’ammalato, fa osservare i pericoli che esso presenta, specie quanto alle nuove ossessioni che possono sorgere nel soggetto, tanto più quando questi è appena uscito dall’esaurimento completo delle sue forze.
Un altro sistema di organizzazione di economie psicologiche è dato dall’isolamento. Il dott. JANET apprezza in particolar modo questo metodo di cura. È un fatto che il poter separare l’ammalato dall’ambiente che lo circonda, e specie dell’ambiente famigliare, è spesso un ottimo coefficiente di guarigione:
Quella condotta difficile e complessa che la presenza del nevropatico fa nascere presso tutte le persone che lo circondano ha sempre il medesimo risultato; quello di stancare molto… Essere stanchevole è forzarci a fare delle spese eccessive di forza morale che noi non faremmo se quelle persone non ci fossero dintorno…
Nella « liquidazione dei ricordi traumatici » e nei metodi psicoanalitici in genere il principio delle economie trova larga applicazione: poiché lo sforzo continuo che il soggetto fa per adattarsi a una situazione difficile che si ricollega ad un ricordo traumatico determina un esaurimento. Abbiamo a pag. 176 del volume una riuscita comparazione di questo fenomeno col dispendio di forza che compie un individuo pensando a una lettera che attende risposta in confronto con quello che farebbe rispondendovi senz’altro.
Seguono considerazioni sulle applicazioni del principio nelle altre terapeutiche.
« Aumentare la rendita con dei benefizi extra »: ecco come pone il dott. JANET il principio degli acquisti psicologici: di questo capitolo basti ricordare quelli che l’autore chiama « i tre principi dell’eccitazione »; ossia quello della mobilitazione delle forze, quello dell’equilibrio psicologico, e quello dell’irradiazione o sintonizzazione psicologica.
A proposito di quest’ultima, un’osservazione: se il principio che « un atto importante e soprattutto un atto riuscito sveglia quelle tendenze (che hanno la funzione di elevare o abbassare la tensione) a prendere un’attitudine generale di alta tensione vale sempre nei casi normali, quante eccezioni nei casi anormali! E gli esempi del dott. JANET non bastano a convincermi che il ladro, dopo un colpo riuscito, mantenga il suo stato di tensione per parecchio tempo. Quante volte accade invece, che alla tensione momentanea che accompagna l’azione illecita succede immediatamente, come reazione naturale, una depressione, sulla quale contano anzi spesso le indagini giudiziarie!
Per non protrarre troppo la mia relazione critica tralascio completamente di parlare della parte delle « applicazioni » dei principi suesposti, anche perchè una trattazione di indole pratica non interesserebbe soverchiamente il lettore.
L’opera del dott. JANET termina con un capitolo che considera l’evoluzione e i progressi della psicoterapia, e che conclude annoverandola ormai tra i rami della medicina ufficiale.
Ora, è innegabile che la psicoterapia abbia progredito, da quando si è decisamente liberata dagli impacci che la facevano considerare dalla scienza ufficiale come un complesso di cure nelle quali quel poco di buono che vi poteva essere era soffocato da una congerie di pratiche inutili se non dannose.
Ma da qui a concludere col dott. JANET che la psicoterapia è oggi considerata ufficialmente c’è un distacco che non mi sento di trascurare. E appunto per questo plaudo al nuovo volume di uno scienziato ufficiale, volume che appunto in grazia del suo autore potrà penetrare in quegli ambienti medici chiusi alle innovazioni grandiose che nel campo psicoterapeutico si sono introdotte in questi ultimi venti anni. E speriamo che, se la psicoterapia non è ancora un ramo della medicina, tale momento non sia lontano, e che il volume del dott. JANET contribuisca potentemente ad affrettarne l’avvento.
Novembre 1923.
EMILIO SERVADIO.