A chi sorride monna Lisa?
Il Tempo 01/02/1965

«Come» sorride, «perchè» sorride, «a chi» sorride la «Gioconda»? Durante il suo soggiorno negli Stati Uniti, il celeberrimo quadro è stato certamente oggetto, ancora una volta, di queste secolari domande. Né si tratta di domande futili, visto che al sorriso di Monna Lisa hanno dedicato pagine e pagine famosi scrittori, poeti e critici d’arte — da Walter Pater a Merenzkovski, da Burckhardt a Ruskin. Chi ci ha visto il riflesso di un mondo metafisico perduto, chi una larvatissima seduzione, chi un’ambiguità fra beffa e dolcezza, o tra vita e morte…
Recentemente, un illustre psicoanalista, Kurt B. Eissler, ha proposto una nuova ipotesi sull’enigmatico sorriso. Si tratta di un breve capitolo, nella grande opera d’assieme dedicata dall’Eissler a Leonardo da Vinci, e da lui pubblicata, dopo lunghi anni di riflessioni, per i tipi della Hogarth Press di Londra. Lo Eissler si riallaccia a uno studio di Freud, apparso nel 1910, e sostanzialmente lo convalida. Secondo Freud, l’infanzia di Leonardo è stata caratterizzata da una particolare ; «fissazione» alla immagine materna, sdoppiata nelle due figure di Caterina (la madre vera) e Albiera (la madre sostitutiva, moglie del padre Piero). Freud ricorda, inoltre, le note inibizioni e irregolarità di Leonardo adulto nella vita sentimentale e amorosa, dovute, a suo avviso, al perenne richiamo inconscio delle lontane situazioni di attaccamento infantile alla madre. Dopo un primo periodo di feconda produzione artistica, l’inappagamento emozionale di Leonardo sposta, su un piano di sublimazione, il suo interesse verso la ricerca scientifica più varia e minuziosa. La fase critica della maturità, e l’incontro con Monna Lisa del Giocondo riattivano certi interessi e impulsi infantili; e nel sorriso della Gioconda Leonardo immortala, senza saperlo, « il ricordo del sorriso felice e sensualmente estasiato di sua madre ».
Kurt Eissler ha ripreso queste notazioni di Freud (che peraltro non « qualificano » in alcun modo la natura particolare del sorriso di Monna Lisa), tentando di approfondirle e di puntualizzarle. Nei ritratti di donna anteriori alla « Gioconda », il sorriso — egli osserva — non appare: mentre Leonardo (se dobbiamo credere al Vasari) tenne in modo specifico a far sorridere Monna Lisa, e aveva assoldato a tale scope suonatori, cantanti e buffoni, anziché si divagasse.
L’ipotesi che Eissler introduce a questo punto — sulla scorta di notizie di cui è difficile dubitare — è che Ma¬donna Lisa si trovasse ancora in una condizione di lutto per aver perduto una bambina nel 1499. Questa perdita è considerata di solito come un fatto certo; meno sicuro e che Monna Lisa ne soffrisse ancora dopo qualche anno — all’epoca, cioè, in cui si ritiene in genere che Leonardo abbia dipinto il celebre quadro (tra il 1503 e il 1507). Tuttavia alcuni storici — tra i quali l’autorevole R. L. Douglas — han¬no ritenuto, contro l’opinione del Vasari e di altri, che Leonardo abbia cominciato il suo più famoso ritratto nel 1500! Se cosi fosse, Monna Lisa sarebbe stata veramente afflitta, da un lutto assai recente, e si comprenderebbe meglio, al livello del semplice buon senso, perchè Leonardo cercasse in ogni modo di rallegrarne lo spirito.
Ma più in profondità — ed è questa la tesi principale dell’Eissler — la situazione psicologica della bellissima donna potrebbe aver riproposto a Leonardo, inconsciamente, un tema non mai cancellato dal suo animo, e tuttora doloroso: quello di una madre che avendo perduto un figlio, non può dimenticarlo, e rimane fedele alla sua memoria. Ciò avrebbe destato nell’artista due reazioni diverse (ancorché sempre, beninteso, a livelli inconsci): geloso risentimento verso colei che pensava costantemente alla propria creatura perduta, anziché volgere un’attenzione compensativa a lui, la cui madre lo aveva trascurato e dimenticato; e desiderio di attirare ad ogni costo verso se stesso quello sguardo, quell’ attenzione, quel sorriso, illudendosi nel profondo di aver così ritrovato lo sguardo, l’attenzione, il sorriso della madre. La famosa ambiguità del sorriso della « Gioconda » sarebbe pertanto dovuta a due contrasti: uno obiettivo (il sorriso vagamente velato di una donna, ancora in travaglio di lutto, che guarda, con distacco e benevolenza, chi cerca di allietarla e chi la onora) ; e uno soggettivo (il doppio atteggiamento di Leonardo, incerto fra la speranza di avere in qualche modo dinnanzi a sè una « figura materna » schiettamente
Benevola nei suoi riguardi, e la gelosia relativa all’accennata, presunta « competizione » con la creatura scomparsa…).
Abbiamo parafrasato e riformulato noi stessi le supposizioni dell’Eissler, espresse in modo non del tutto chiaro nella sua esposizione. L’Autore, alla fine, si dichiara perfettamente edotto delle difficoltà che le sue tesi presentano, e delle critiche a cui potranno andare incontro. Beninteso, è assente anche in noi la pretesa di prendere quelle tesi per oro colato: ma confessiamo che dopo averle lette ed elaborate, una breve ed ennesima «contemplazione» dell’immortale dipinto (nell’opera dell’Eissler ce n’è una buona riproduzione in bianco e nero) ci è sembrata, singolarmente appagante, e,: non poco suggestiva.
Emilio Servadio

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