I ricordi di Harry Price
Luce e Ombra 1934

Il Direttore del National Laboratory of Psychical Research – cui non si può negare, a prescindere dalle molte critiche e controversie suscitate dalla sua opera, un titolo generico di benemerenza per la grande attività dispiegata nel campo delle ricerche metapsichiche ha raccolto in un volume di 404 pagine fitte (1) i resoconti delle sue principali esperienze. Alcuni di questi resoconti ci erano più o meno noti, per averli il Price pubblicati precedentemente in periodici o in altri volumi; alcuni, invece, hanno sapore di novità. Ma tutto il libro merita comunque di esser letto attentamente, perchè il Price vi si pronunzia, circa i fatti da lui studiati, in un modo che è da ritenersi definitivo.
La posizione del Price di fronte ai fenomeni medianici è ben nota: disposto in massima ad ammetterli, egli ritiene che il 99% di quelli proclamati tali sia dovuto a frode, errore, cause naturali o menzogna. Risoluto avversario dello spiritismo-religione, egli è assai guardingo per ciò che concerne l’ipotesi della sopravvivenza, e dichiara di non averne ancora avuto prove convincenti. Il suo interesse particolare, poi, si è rivolto soprattutto ai fenomeni fisici, e di alcuni di questi egli si dichiara convinto per esperienza personale. Il suo concetto della frode non è ben chiaro: egli ammette infatti in linea teorica una frode non cosciente; ma nei suoi giudizi non si avvertono sfumature, e il lato più propriamente psicologico della complessa personalità dei medium è da lui generalmente lasciato in ombra. Abbiamo avuto più volte occasione di ricordare che il Price è un competentissimo illusionista e che questa sua prerogativa, se è tale da facilitargli il compito allorché si tratta di acchiappacitrulli e di falsi medium, lo induce d’altra parte a considerare tutti i presunti fenomeni «in funzione» del fattore illusionistico. Si trovano a questo proposito osservazioni assai curiose, nel libro che abbiamo sott’occhio: così a p. 240, dove il Price ha cura d’informarci, a proposito di un fenomeno telecinetico da lui osservato in piena luce, nell’abitazione viennese della Contessa Wassilko, e col concorso della medium tredicenne Eleonore Zugun, che egli «ripassò mentalmente le varie maniere in cui lo specchio avrebbe potuto essere scagliato in guisa normale (fili, corde, scocco di elastici, strisce di gomma, aria compressa, svincolo di un’elastico mediante espansione graduale di una sostanza viscosa, ecc.) »!…
E ciò, ripetiamo, nella casa di una distinta gentildonna, alla presenza di una bimba che stava giocando con la palla, e in piena luce. La troppa scaltrezza, come si vede, confina talora con l’ingenuità.
Ma procediamo con ordine. Nei capitoli iniziali il Price ci parla dei «fratelli meravigliosi», ossia di Willy e di Rudi Schneider. Il primo capitolo riassume scritti anteriori dell’A., che assistette con SchrenckNotzing e poi in casa Schneider a fenomeni importantissimi, assai ben controllati, e che nelle sue conclusioni si conferma convinto della loro autenticità, anche se – egli scrive – Willy possa talvolta aver frodato. Per quanto riguarda Rudi, il Price non fa che ribadire la sua posizione, non cita neppure incidentalmente le critiche sollevate dalle sue ultime pubblicazioni, e si limita a constatare che l’opera del National Laboratory ha fatto conoscere Rudi in Inghilterra e ha indirettamente promosso le esperienze tenute con questo medium dalla S.P.R.: il che ha tutta l’aria di esser vero, ma non chiarisce affatto l’opera svolta dal Price nei confronti di Rudi, né le relative controversie: opera e controversie di cui i lettori di questa rivista sono stati esaurientemente informati.
Un interesse puramente storico ha il capitolo quarto, che riferisce intorno alle discussioni del Price con Conan Doyle: mentre i capitoli successivi, che riportano conversazioni dell’Autore con il presunto «Spirito » del grande romanziere e con quello del comandante del dirigibile R-1O1, vanno letti con attenzione, per il carattere «veridico delle molte parole pronunziate dalle supposte «entità». La medium attraverso cui il Price « parlò » con Conan Doyle e col comandante Irwin era la celebre Mrs. Eileen Garrett. Un riassunto della seconda di queste due conversazioni è stato da noi dato in «Luce e Ombra », 1931, p. 336.
Dei famosi « esperimenti psichici nelle Catacombe romane », sui quali il Price si diffonde a lungo nel capitolo VII, scrivemmo tempo addietro in « Luce e Ombra » (1929, fase. 2-3, p. 131), manifestando fondati dubbi circa la loro opportunità, e avanzando riserve circa l’appoggio che gli ambienti ecclesiastici avrebbero concesso all’iniziativa del ricercatore inglese. Questi precisa ora che la possibilità di compiere tali esperienze gli fu data in particolare dal Canonico Layard, della chiesa di Sant’Agnese fuori le mura, per le Catacombe di Sant’Agnese, e dal Padre Eusebio Fiori per quelle di S. Callisto. Il Padre Fiori, informa il Price, « prendeva profondo interesse alle ricerche psichiche ». Certo è comunque che gli ambienti ufficiali rimasero praticamente estranei agli esperimenti, e sul loro « vivo interessamento » al riguardo non abbiamo che l’affermazione (da noi certo non contestata) del Price. La cosa più probabile è che, data la sostanziale innocuità delle esperienze (si trattava semplicemente di registrare le impressioni di un medium portato nel sottosuolo), si sia « chiuso un occhio ». Il che non ha naturalmente impedito al Price di tenere conferenze e di scrivere articoli sull’argomento, riuscendo – come egli stesso scrive con manifesta soddisfazione – a interessare al riguardo tutta la stampa cattolica inglese.
Intorno alle «visioni» del medium (il cui nome il Price persiste a voler tacere) si confronti l’anzicitato riassunto di « Luce e Ombra
Nel volume esse vengono esposte con grande ampiezza e corredate sia uno schizzo indicante il luogo dove Sant’Agnese avrebbe depositato un «tesoro »: luogo che – per chi volesse fare delle ricerche si trova a circa novanta passi dalla chiesetta del «Domine Quo Vadis », obliquando a destra di chi guarda la chiesa con un angolo di 450 rispetto al margine sinistro della Via Appia.
Assai meno note, e da un punto di vista scientifico più interessanti, sono le esperienze con la medium danese Anna Rasmussen, lungamente studiata dal compianto Fritz Grunewald e poi dal prof. Christian Winther. La particolarità della signora Rasmussen è di tenere le proprie sedute in piena luce, sottostando a qualsiasi controllo. Del resto, il controllo è dato dalla stessa semplicità delle esperienze: si tratta per lo più di fenomeni telecinetici, e in ispecie del movimento di speciali pendoli fatti costruire dagli sperimentatori in modo da escludere qualsiasi perturbazione. Le varie oscillazioni dei pendoli, ottenute spesso «a comando » (e, ripetiamo, sempre in piena luce), e i numerosi «raps» che si sentono un po’ dappertutto durante le sedute, costituiscono i 9/10 della medianità di Anna Rasmussen. Il Price non può impedirsi di definire «unica» questa medium; ed effettivamente, da un punto di vista dimostrativo, nessun altro soggetto potrebbe meglio servire. E’ solo da rimpiangere che Copenaghen sia piuttosto lontana…
Di altre due medium a effetti fisici scrive il Price nei capitoli IX e X. Sono « Stella C. » e la signora Silbert. Intorno alla prima è stato scritto un po’ meno che sulla seconda, e il Price condensa nel citato capitolo quanto ha già esposto al riguardo in articoli e opuscoli: si tratta di una medium scoperta per caso, «coltivata)) per alcun tempo con ottimi risultati (il Price ha sottoposto i fenomeni da essa prodotti a prove strumentali rigorosissime), e poi sposatasi e disinteressatasi delle esperienze, che d’altronde non l’avevano mai occupata seriamente. I fenomeni (raps, telecinesi, luminosità, ecc.) vengono attribuiti dal Price a influenze di natura «elettrica », non vediamo bene con quale fondamento. Del resto lo stesso Price riconosce che l’influenza fisica della medium, elettrica o meno, non può render conto di tutti i fenomeni, e resta per es. inoperante di fronte a un caso magnifico e documentatissimo di previsione, osservato col medesimo soggetto.
Sulla signora Silbert l’opinione del Price è piuttosto favorevole, benché egli non sia mai riuscito a controllarla come avrebbe voluto, e per quanto le sue esperienze con essa si siano sempre svolte fuori del National Laboratory. Chi segue i nostri studi conosce quali siano le manifestazioni abituali che occorrono in presenza di Frau Silbert: luci, raps in gran copia e in tutta la stanza, materializzazioni (rare), telecinesi e scrittura paranormale (abbastanza frequenti). Certo, sarebbe quanto mai desiderabile che questa medium venisse studiata fuori del proprio ambiente. Purtroppo però il suo malfermo stato di salute non rende la cosa facilmente effettuabile.
Il capitolo XI del volume del Price è dedicato al «caso Duncan». Di questo, terminato come tutti sanno con la condanna della Duncan in tribunale, è stato scritto a più riprese in queste pagine, e ci sembra perciò inutile tornare sull’argomento. Più interessante, e diremmo quasi divertente, è il capitolo successivo, in cui vengono esposti i principali argomenti del Price contro Hope e contro gli assertori in genere della «fotografia spiritica i, ed alcuni dei trucchi più abili per ottenere documenti di tale specie. Che «qualsiasi fotografia spiritica sia un falso », come il Price sostiene, è forse affermazione temeraria; ma che tale genere di esperienze si presti al trucco per moltissimi versi è cosa indiscutibile. I modi con i quali si può imitare un’« apparizione » sopra una lastra fotografica sono pressoché infiniti, e anche un « esperto » fotografo può trovarsi imbarazzato a riconoscerli; non parliamo poi di persone di scarsa intelligenza, predisposte a credere perchè emozionate, abdicanti a qualsiasi forma di critica… Si son dati persino dei casi (e il Price ne cita) in cui pretese fotografie « spiritiche » confessatamente truccate furono riconosciute da parenti o da amici affezionati: mentre si trattava di volti o di figure che non avevano il più lontano rapporto con la persona defunta… Non possiamo se non esser lieti, a questo riguardo, che i medium fotografi non attecchiscano in Italia. Di fronte a qualche fatto forse autentico, v’è una tal massa di casi spurii nella « fotografia spiritica » da disgustare tanto il ricercatore che il semplice uomo di buon senso.
Ben 46 pagine son dedicate dal Price a Eleonore Zugun, la giovanissima medium rumena studiata a fondo dalla Contessa Wassilko e che presentava, oltre a manifestazioni telecinetiche, ad apporti, asporti, ecc., quegli strani fenomeni di persecuzione paranormale (graffi, morsi) di cui la stampa tecnica e non tecnica riferì tempo addietro largamente. Come è noto, il caso di Eleonore Zugun è uno dei pochissimi in cui è ‘tata tentata l’interpretazione psicoanalitica dei fenomeni (sempre ad opera della Contessa Wassilko, la quale ha una buona preparazione teorica in merito). Il Price, riferendone en passant, travisa alquanto tale interpretazione, che evidentemente non gl’interessa: mentre a nostro avviso essa riveste grande importanza in quanto prova che l’analisi può aiutare il metapsichista anche nel campo dei fenomeni fisici. Di tale interpretazione abbiamo dato occasionalmente un sunto noi stessi in « Luce e Ombra », 1929, p. 478.
Non ci dilungheremo sui capitoli dedicati a vari medium fraudolenti, o supposti tali (il Price non nasconde, per es., il suo giudizio radicalmente negativo su Guzik e anche su « Margery », con la quale ebbe a Londra una seduta); né su quello in cui vien riferita la clamorosa apertura della « scatola di Joanna Southcott » (una visionaria fanatica morta nel 1814). Più interessante è il capitolo XX, che descrive un caso controllato e documentato di catalessi fakirica, con sotterramento durato dieci giorni. Ma soprattutto ci preme soffermarci sull’ultimo capitolo, intitolato «Il leone ruggente di Napoli», in cui per la prima volta il Price pubblica un completo resoconto delle sue esperienze con Erto.
Saremo costretti, anche a costo di sembrare troppo minuziosi, a seguire quasi punto per punto quanto il Price espone, e a rettificare le numerose inesattezze che viziano la sua relazione. Dopo aver ricordato tutti i soprannomi dati ad Erto dai giornali inglesi, egli premette subito che questo medium è praticamente «incontrollabile i, poiché quando lo si controlla i fenomeni cessano. E’ appunto in simili casi, osserviamo, che si giudica della maggiore o minor perizia di uno sperimentatore: i metodi di controllo sono infiniti, e sapendo prendere un medium « per il suo verso » si finisce sempre per trovar modo di conciliare le esigenze del controllo con quelle del soggetto o, per ipotesi, delle forze che lo governano. Coloro che hanno letto la nostra relazione su Erto ricorderanno probabilmente che a Roma furono applicati al medium dei fanoni chirurgici, che gli vennero ingessate le mani, ecc.: ciò prova che l’affermazione del Price è per questo punto erronea.
Il Price rifà poi la « storia di Erto », a cominciare dagli esperimenti di Mackenzie e Sanguineti per giungere a quelli dell’Institut du Radium. Ricorda quindi come il prof. Sorge e il sottoscritto lo mettessero in relazione con Erto, e come questi giungesse a Londra il 4 dicembre 1931. In base a una conversazione avuta col medium, il Price dà come cosa certa che questi « è occupato a Napoli in qualità di chimico »: mentre l’Erto abita non a Napoli ma a Scafati presso Pompei, conosce la chimica altrettanto come la gran parte dei nostri lettori conosce il cinese, ed è i al secolo i commerciante in calzature. Quisquilie, si dirà: ma quella di ritenere l’Erto un « chimico » è una quisquilia non trascurabile, trattandosi di un medium accusato di produrre fraudolentemente, con mezzi chimici, una parte dei suoi fenomeni! Si ricordi ancora che non solo il Price, ma tutti coloro che assistettero alle sedute londinesi di Erto, mantennero la stessa convinzione circa le sue conoscenze chimiche, di fatto inesistenti.
La cosa che più ha colpito il Price è stata la trance di Erto: trance movimentatissima, a volte penosa, ma sulla quale non si vede perchè occorresse dilungarsi per interi periodi, quasiché il medium ne avesse colpa; (forse però è proprio questo che il Price pensa: che la trance di Erto, cioè, sia simulata e resa difficile per disorientare gli spettatori: mentre in favore della sua genuinità milita l’aspetto stesso del medium dopo una seduta, il numero delle sue pulsazioni, ecc.).
Nella prima seduta gli astanti videro una sola luminosità, apparsa, si noti, mentre il medium teneva una mano del Price. Questi, voltato, non ne vide che il riflesso. Non dice però se e come Erto, con una sola mano disponibile, avrebbe potuto produrla: dichiara soltanto che gli sperimentatori furono delusi di non aver ottenuto di più.
Nella seconda seduta si ebbero molte luminosità d’intensità varia, ma di un solo colore azzurro-acciaio. Due di queste furono rettangolari, localizzate in una parte del soffitto, e il Price si mostra al riguardo perplesso (tutte le altre, a suo avviso, avrebbero potuto esser prodotte con del ferrocerio). Egli scrive che « se i lampi fossero stati prodotti dietro un piccolo rettangolo ricavato in un pezzetto di metallo, con l’aggiunta di una piccola lente, si sarebbe ottenuta sul soffitto una macchia quadrata di luce ». Con « se » e le escogitazioni, come si vede, si può andare assai lontano… Si noti poi che da quanto scrive il Price appare che le luci dovessero essere abbastanza omogenee; mentre il prof. Joad, che assisteva alla seduta, e che ne riferì nell’Evening Standard dell’11 dicembre ’31, descrive «molti tipi diversi » di luci: « lampi, punti luminosi, onde di luce che correvano lungo il soffitto »; e uno o due degli astanti videro addirittura delle « fiamme ».
Tutti i fenomeni apparentemente telecinetici avvenuti in questa e nelle successive sedute vengono dal Price attribuiti senz’altro ad azione del medium. Eppure a proposito della stessa seconda seduta egli riferisce di movimenti di oggetti, tavoli, ecc., avvenuti mentre egli (Price) teneva entrambe le mani del soggetto. Si noti che tra questi movimenti ci fu anche il rovesciamento di un tavolo, sul cui orlo furono trovate in equilibrio le lastre fotografiche postevi sopra prima della seduta. Con le mani occupate, in qua! modo ha potuto Erto mettere in bilico tali lastre? Non sappiamo immaginarlo, e attendiamo che il Price ce lo spieghi. Egli si limita a dire che dopo la seduta si provò a riprodurre normalmente i fenomeni di presunta telecinesi, e che vi riuscì: non dice però se vi riuscì al buio o alla luce, né se riuscì a far stare in bilico delle lastre fotografiche sull’orlo di un tavolo rovesciato facendosi tenere le mani da qualcuno…
Ed ora veniamo al punto più notevole di queste relazioni. Dopo circa due anni dalle esperienze con Erto, il Price afferma di avere a suo tempo trovato, nei locali del National Laboratory, parecchi frammenti di ferrocerio, un chiodo di circa 1 cm. e 1/2, particelle metalliche, ecc. Egli c’informa di aver esaminato le particelle di ferrocerio al microscopio (pare dunque che fossero piuttosto piccole), ma si sente tuttavia di dichiarare, non sappiamo su quale base, che « tali particelle formavano apparentemente parte di un blocco rettangolare (?), e non delle solite asticelle rotonde che si usano in questo paese ». Aggiunge che « la parte piatta del ferrocerio presentava righe o striature, come se fosse stata soffregata con uno strumento a punta »; ecc. ecc.
Tutto questo suona abbastanza strano, per non dir altro. Anzitutto non si comprende perchè, di queste sensazionali scoperte, il Price non abbia creduto di dover avvertire in tempo utile il sottoscritto o il prof. Sorge, anziché farcele conoscere attraverso un libro pubblicato due anni dopo. Inoltre non si arriva a comprendere come da minute particelle il Price abbia potuto desumere la forma del « blocco e originale, forma non corrispondente a quella usata in Inghilterra (sembra proprio di leggere una delle famose «deduzioni» di Sherlock Holmes!). In terzo luogo dobbiamo ricordare al Price che se egli fa ricerche in qualsiasi salotto dove abitualmente si fumi, troverà quanto ferrocerio vuole, con striature o meno, di tutte le specie, forme e dimensioni! Era ovvio pensare che potesse esservene nei locali del National Laboratory, frequentati da gente d’ogni paese, che fumando usano i tipi più svariati di accenditori automatici!…
Meno male che il Price non insiste troppo su questo particolare, e dichiara di non aver prove che il ferrocerio trovato appartenesse ad Erto. Però trova «straordinario che si sia trovato del ferrocerio polverizzato nei nostri locali, dove non fu usato mai»… E egli sicuro che in quei locali nessuno abbia mai acceso un accendisigaro? …. ….
Circa due ulteriori affermazioni del Price la discussione non potrebbe a lungo rimanere aperta: la prima riguarda l’attinicità delle luci di Erto; la seconda l’imitabilità dei fenomeni luminosi per mezzo del ferrocerio. Secondo il Price le luci dovrebbero essere attiniche, in quanto egli riuscì a registrarle per mezzo di lastre fotografiche. I lettori ricorderanno invece che a Roma le lastre che esponemmo lungamente con questo scopo non furono minimamente impressionate. Quanto al secondo punto, evidentemente c’è contraddizione: o le luci prodotte da Erto erano svariate, brillanti, importanti come ci descrive il Joad e come dichiara anche il Price, e allora neghiamo nel modo più assoluto e incontrovertibile, fondandoci anche sul parere tecnico di due chimici, che esse possano venir riprodotte, sia pur con ogni agio, mediante un pezzetto di ferrocerio; o erano semplici lampi in rapporto con la persona del soggetto, scintille ecc., e allora descrivendo le luci viste con Erto tutti gli astanti londinesi debbono aver avuto le traveggole.
Sorvoliamo su altri punti della relazione, ricordando soltanto che di qualsiasi fenomeno ottenuto il Price tende a dare una spiegazione naturalistica; sorvoliamo anche sulle famose «cassette di legno », applicate alle mani del medium, e che gli ferirono i polsi durante gli spasmi della «trance» (il Price vuole certo scherzare quando dice di averle portate egli stesso senza inconvenienti; ha provato forse a batterie convulsamente l’una contro l’altra, a urtarle violentemente contro il seggio, come Erto non avrà mancato di fare durante la seduta?). Sorvoliamo anche sulla parte poco chiara assunta da un certo Dr. Millauro, un compatriota di Erto messogli accanto durante il soggiorno del medium a Londra; sui tentativi illusionistici di ripetizione dei fenomeni luminosi, tentativi naturalmente noti al medium, e su vari altri episodi della permanenza di Erto a Londra, sui quali sarà meglio non soffermarsi per motivi di buon gusto. Ci basti menzionare, per tornare nel campo sperimentale e scientifico, una delle frasi finali del Price: «Abbiamo provato conclusivamente», egli scrive, « che per produrre i fenomeni Erto deve avere il libero uso delle sue dita. Quando gli rendemmo impossibile l’uso delle dita, i fenomeni cessarono ». Questa affermazione è per lo meno presuntuosa: poiché gli sperimentatori di Roma provarono esattamente il contrario: che cioè Erto può produrre dei fenomeni con le mani e le dita totalmente impedite. E poiché questa è una prova positiva, ha perciò stesso più valore di quella del Price, che si limita a constatare fatti non avvenuti.
Rileviamo ancora che se il Price avesse voluto, avrebbe potuto tener conto della nostra relazione sulle esperienze romane con Erto: relazione che avemmo cura di mandargli appena stampata. Ma evidentemente il Price tiene, ed è umano, ai suoi punti di vista. Sinora, però, né il Price né altri hanno sollevato una sola obiezione ragionevole a tale relazione.
Ripetiamo ancora, del resto, quanto abbiamo più volte già dichiarato: noi non sosteniamo affatto che Erto non trucchi, non abbia truccato o non possa truccare. Saremmo, se mai, disposti a giurare più per il si che per il no, se ci si chiedesse di avvalorare in tal modo il nostro punto di vista. Ma ci rifiutiamo di assumere come generali le conclusioni del Price o di altri in merito: anzitutto perchè abbiamo sperimentato noi stessi con questo medium, ottenendone fenomeni autentici; secondariamente perchè le relazioni negativistiche sin qui apparse su Erto rivelano tali difetti di sperimentazione da far arrossire un ricercatore serio; e in terzo luogo perchè abbiamo troppo chiaro i] concetto dei rapporti fra medianità e frode per poter cadere ulteriormente nell’errore (in cui la maggioranza dei metapsichisti peraltro abitualmente cade) di considerare una sola delle facce di questa strana medaglia che è la medianità.
Dopo un’ulteriore perorazione a favore dell’entrata della Ricerca Psichica tra le materie « ufficiali » di studio, il Price chiude il suo volume: il quale, ripetiamo, si legge con interesse, anche se si diverga parzialmente o radicalmente dai punti di vista dell’Autore, e costituisce comunque una miniera di notizie, un panorama abbastanza vasto dei nostri studi, un « documento umano » assai vivo ed attuale.
EMILIO SERVADIO.

1) HARRY PRICE: Leaves from a Psychist’s Case-Book. London, Victor GolIRncz Ltd., 1933, sh. 15.

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