Una storia della Ricerca Psichica
Luce e Ombra 1931

Il desiderio di leggere sino in fondo, e attentamente, il poderoso volume di Hereward Carrington (The Story of Psychic Scienze, Rider & Co., 1930, sh. 24), ci ha fatto rimandare più volte quello che consideravamo un nostro dovere: il riferirne cioè compiutamente ai lettori di « Luce e Ombra ». E i lettori vogliano scusarci, pensando che si tratta di un’opera di 400 fittissime pagine, in cui il passato e il presente delle nostre ricerche vengono considerati da tutti i punti di vista, con numerose esemplificazioni, gran copia di citazioni, di bibliografia, ecc. Siamo comunque riusciti a spuntarla in mezzo a mille altre cure, e non ci parvero, quindi, di rifare a marce forzate il cammino, indicandone le principali tappe a chi si sentirà a sua volta di percorrerlo.
Un semplice accenno al sommario basterà a dimostrare la complessità di questo libro. Esso è diviso in otto parti: la prima è introduttiva; la seconda, storica, comprende tredici capitoli e tratta degli oracoli, dell’agiografia e dei miracoli, della stregoneria, dell’astrologia, dell’occultismo (come « anticamere » della ricerca psichica), di Swedenborg, del mesmerismo, dell’ipnotismo, dei fenomeni sopranormali presso i selvaggi e delle correnti mistiche pre-spiritistiche americane, impersonate nella singolare figura di Andrew Jackson Davis; la terza tratta del sorgere dello spiritismo; la quarta del costituirsi delle prime società di ricerche psichiche; la quinta, dedicata ai rapporti tra psicologia e ricerca psichica, sviluppa ventidue capitoli sui temi fondamentali del subcosciente, della suggestione, delle allucinazioni, del sonno, dei sogni, della trance, ecc., ecc.; la sesta è dedicata, con altri ventotto capitoli, ai fenomeni fisici; la settima, con sedici capitoli, ai fenomeni mentali; l’ottava, infine, alle relazioni tra le ricerche psichiche e le altre discipline: biologia, fisica, chimica, matematica, meteorologia, mineralogia, botanica, astronomia, geologia, diritto, architettura, arte e musica. Segue una conclusione, un’appendice, una bibliografia, uno specchietto riassuntivo e un indice dei nomi. Si comprende, anche da questo brevissimo schema, che dopo il Traité del Richet non era stato più compiuto un tentativo simile nel senso del raggruppamento e della visione d’insieme della fenomenologia metapsichica, e che il volume, non foss’altro per il vasto materiale che contiene, si afferma sin d’ora come una fonte di consultazione indispensabile.
Qual’è la principale differenza tra le due opere? A parte l’aggiornamento, dovuto alla posteriore data di pubblicazione e ai nuovi orientamenti anche metodologici sorti dopo la comparsa del Traité de Métapsychique, diremmo che il volume del Carrington si differenzia anzitutto da quello del Richet per il maggior contributo chiesto alle fonti anglo-sassoni e per la naturale maggior conoscenza del mondo americano, mentre quel che riguarda i paesi latini è meno diffusamente esposto, con minor ricchezza di particolari, e con una conoscenza evidentemente meno sicura dei testi. È evidente, però, che questo « squilibrio » delle due opere singole le rende appunto reciprocamente complementari, anche se buona parte della materia sia comune ad entrambe.
Una differenza ancora più notevole sta nelle direttive che hanno presieduto alla compilazione dei due volumi: quello del Richet, come è noto, ha una forma abbastanza rigorosa di trattato; questo del Carrington, per quanto i punti di riferimento siano ben chiari e le divisioni delle parti assai nette, risente a nostro avviso di una certa mancanza di « filtro » e avrebbe forse guadagnato a esser riletto, sfrondato ed equilibrato nel suo insieme (1). Si aggiunga, da ultimo, che il Carrington concede un certo margine, nella sua trattazione, ai fenomeni più propriamente « occultistici », a certe dottrine « magistiche » o « teosofiche » , ecc.: lato, questo, che i metapsichisti puri – primo tra essi il Richet – non hanno mai voluto prendere in seria considerazione.

Molto opportunamente il C., nella sua « introduzione », ricorda quali debbono essere i criteri fondamentali da seguire nella ricerca metapsichica: criteri di equanimità e di intelligente severità, che troppo spesso vengono trascurati per difetto o per eccesso di zelo, per incompetenza o ignoranza. Alcune sue osservazioni sull’unitarietà dei fenomeni, sul passaggio insensibile dal cosiddetto « normale » ai cosiddetto « sopranormale », sulla frode, sui controlli, ecc., ci trovano pienamente concordi. Anch’egli, col Geley, afferma che « quando un medium ricorre alla frode, la colpa è degli sperimentatori » e che « tutti i veri studiosi hanno ottenuto fenomeni cospicui con perfetto controllo ».

Passa quindi alla parte « storica », e qui potremmo osservargli che alcuni punti avrebbero meritato uno svolgimento un po’ più ampio e circostanziato, La prodigiosa messe di fenomeni sopranormali offerta dalle agiografie non è degnamente rappresentata da una breve citazione dal Fielding-Ould (generica e imprecisa, d’altronde) o da un fuggevole cenno alle « voci » di Giovanna d’Arco e di Santa Teresa (e che ci sta a fare Socrate in loro compagnia?). Così dicasi del breve paragrafo dedicato ai miracoli: è evidente che questa parte interessa molto scarsamente il C., che dedica anche poche righe alla storia dell’occultismo e alle sue suddivisioni. Non molto maggiormente lo occupa Swedenborg, ma qui il cenno è più preciso. Debole e insufficiente è invece la trattazione storica del Mesmerismo e dell’ipnotismo: a parte le imprecisioni di dettaglio, ci sembra che non si potesse fare a meno di ricordare i diretti continuatori del Mesmer, e particolarmente il Puységur. Quanto all’ipnotismo, poi, sarebbe stato interessante seguirne l’evoluzione pratica e teorica: circa quest’ultima, il C. si dimostra invece assai al corrente delle moderne tendenze che ravvisano nell’ipnotismo un fenomeno di natura complessa e non riducibile a una monogenesi; anche se poi cita qui soltanto, in tema di ricerche moderne sul « fluido » umano, Muller e Farny.
Alcuni bei casi, dovuti a ricerche particolari dell’A., di fenomeni sopranormali presso i selvaggi, completano questa parte, insieme ai cenni sul Davis e sul Tuttle. I casi però non sono classificati, e si vede che il C. ignora la monografia del nostro Bozzano.
Ampie lodi meritano invece le parti terza e quarta, in cui si parla del sorgere dello spiritismo e delle prime società di ricerche psichiche. Qui il C. è evidentemente sul suo terreno, e ci fornisce una quantità di interessantissimi particolari cronistorici, difficili a rintracciare altrove. La storia della fondazione dell’A. S. P. R., dell’attività dell’Hodgson e dello Hyslop, della ricerca psichica negli ambienti universitari americani, è forse la parte più viva del libro, si legge con vero diletto, costituisce una sorgente d’informazioni di primissimo ordine.
La parte quinta, « Psicologia e Ricerca psichica » è in massima assai soddisfacente, non potendosi davvero pretendere che – a temi così poderosi come « mente .e materia », l’ « ispirazione », il « genio », ecc. si dedicasse in questa sede una trattazione di molto più ampia e approfondita. Un buon capitolo è quello sulle allucinazioni; non così quello (e sì che l’argomento era degno di, molta attenzione) sui rapporti tra Metapsichica e Psicoanalisi, in cui il C. quasi esclusivamente si limita a riassumere una sua polemica col Troland, l’opinione del quale non è necessariamente quella degli. altri psicanalisti. Scarso anche il breve, cenno sul difficile argomento del sonno, e non bene equilibrato quello sui., sogni. Interessanti, per quanto note, le osservazioni sui casi di doppia,o multipla personalità, e quelle sulle manifestazioni metapsichiche presso, gli animali.
Non molto ferrato, in genere, nella parte dottrinale, il C. mostra una larghissima informazione in quella espositiva, e le suddivisioni sesta e settima, le più importanti, che contengono appunto 15 esemplificazione relativa ai fenomeni fisici e mentali della medianità, sono dense di notizie e rivelano una volta di più la larga esperienza personale e le copiose letture dello scrittore americano. La scelta degli esempi non è sempre felicissima, e dà talvolta un certo fastidio rileggere per l’ennesima volta un celebre (ma altrettanto mal documentato) caso d’infestazione o di premonizione o constatare che qualche volta l’A. si riferisce a manifestazioni poi dimostrate fraudolente (così le pretese levitazioni di un soggetto dello Schrenck-Notzing, poi smascherato; il C. lo cita a pag. 157, e noi lo rimandiamo, per lo « smascheramento », alla Revue Mètapsychique, 1929, I). Sono particolari, certo, che non infirmano il valore dell’opera; la quale contiene, oltre tutto, non pochi riferimenti di prima mano, osservazioni personali dell’autore (citiamo il capitolo sul fachirismo, le osservazioni sulla pseudo-levitazione provocata, ecc.). Ma il C. pecca spesso di eccessiva trascuratezza in questi particolari, come quando, p. es., riferendo il notissimo episodio del rinvenimento di 13 canti della Divina Commedia, in seguito a un sogno avvertitore, da parte di Jacopo Alighieri, lo cita come « Dante, figlio del poeta » (!!). Ottima è invece la trattazione relativa al problema della sopravvivenza, in cui l’autore mette a raffronto con grande obbiettività tutte le argomentazioni in pro e in contro, concludendo con l’additare l’ipotesi spiritica come fortemente probabile e come giustificatissima ipotesi da lavoro.
I rapporti della ricerca psichica con le altre discipline, finalmente, sono più accennati che svolti; né si poteva fare in altro modo, dato che compito degli studiosi futuri è appunto quello di inquadrare la Metapsichica nell’ambito della scienza. Comunque è già molto opportuno che il Carrington abbia mostrato vari punti di raccordo soprattutto tra la ricerca psichica e la fisica (moderne teorie sull’atomo, relativismo), la matematica (quarta dimensione), il diritto (chiaroveggenza e criminalità, valore medico-legale dell’ipnotismo), ecc., ecc., per concludere insieme ad altri molti, con lo sguardo rivolto all’amplissimo terreno sorvolato, che la ricerca psichica è la scienza di questo secolo, « il lavoro più importante, e di gran lunga, che si stia attualmente compiendo ». Nonostante qualche suo difetto o qualche suo errore, l’opera del Carrington è certamente uno dei più notevoli contributi che negli ultimi anni si siano forniti a questo lavoro.
EMILIO SERVADIO

(1) Non ci sembra il caso di stabilire un confronto tra l’opera del Carrington e quella del nostro Mackenzie, che ottempera a criteri assai più personali e talvolta polemici; mentre dal p. d. v. della sistematica (tralasciando alcune poco felici denominazioni adottate) l’opera del Sudre è forse la più semplice e convincente, se pur viziata da preconcetti e teoricamente (dati le ambizioni) inadeguata.

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