La metapsichica e la concezione junghiana della personalità
Metapsichica 1946, anno I fasc. 2, pp. 108-112

Sotto il titolo Jung’s conception of the structure of personality in relation to Psychical Research il noto psichiatra inglese H.H. Baynes ha presentato un’interessante comunicazione scientifica alla SPR, la quale ne ha pubblicato il testo nel fascicolo 165, vol. XLVI (settembre 1941) dei suoi Proceedings.
Jung, come si sa, ha formulato da tempo uno schema “quaternario” della struttura della personalità psichica. I quattro punti cardinali dell’universo psichico, le sue quattro funzioni principali, sono, secondo Jung, pensiero, sentimento, intuizione e sensazione. Questi elementi sono più “integrati” in un individuo, meno in un altro. Ad ogni modo, è la coscienza che tende a integrare le anzidette quattro funzioni, mentre la tendenza opposta, alla disintegrazione, appartiene alla psiche autonoma, o inconscia.
La condizione dei contenuti psichici è, nell’inconscio, diversissima da quella dei contenuti della coscienza: si tratta di un vero e proprio “sottomondo”, oscuro e primitivo. Il non riconoscere questo dualismo è, per molti scienziati, fonte continua di incomprensione e di opacità mentale. Per esempio – osserva il Baynes – fenomeni telepatici durante una seduta analitica non sono per nulla incidenti “sovranormali”: poiché la comunicazione telepatica è una modalità dei processi psichici inconsci(1): e l’attivazione dell’inconscio durante l’analisi sembra favorire tale primitiva operazione psichica.
La mentalità “civilizzata” si oppone a quella “primitiva” nel senso che essa tende a escludere l’irrazionale e ad ignorare l’imprevedibile. All’estremo, ciò porta ad atteggiamenti “totalitari”, svalutativi o addirittura denigratori di tutto ciò che è meno che razionale. Non potendo, ad esempio, far rientrare in un piano di razionalità sogni, visioni o allucinazioni, la scienza ha avuto in passato la tendenza a considerarli prodotti trascurabili dell’immaginazione, quando non addirittura a ignorarli. «Gli eventi che possono svolgersi in una seduta medianica sono soggetti al medesimo pregiudizio, dato che essi non possono facilmente essere legati nel recinto del tempo, dello spazio e della causalità.»
I due piani anzidetti hanno invece entrambi la loro realtà e la loro dignità equipollenti. Se consideriamo il punto di vista razionale come indiscutibilmente superiore, veniamo al tempo stesso infettati dall’idea che il modo primitivo di spiegare le cose sia soltanto un prodotto di ignoranza e di superstizione. Il primitivo, dal canto suo, può considerare con “superiorità” il civilizzato, il quale ignora cose che per lui sono di tutta evidenza. Tali atteggiamenti assolutistici sono entrambi sbagliati.
In secondo luogo – e ciò vale in particolare per noi “civilizzati” occidentali – quel che viene svalutato e negato sul piano della coscienza si ritrae nell’inconscio senza che il suo scopo sia stato raggiunto, e questo da obiettivo diventa subiettivo, com’è accaduto, ad esempio, nel caso dell’alchimia medievale(2). «È come se», scrive il Baynes, «la mente civilizzata avendo per larga parte conquistato il dominio della materia e avendolo ridotto a leggi note e prevedibili, si trovasse ora di fronte alle vaste e terrificanti forze della non-ragione primitiva che esso è riuscito a espellere dal suo universo razionalmente ordinato. È di fatto innegabile che l’inconscio dell’uomo civilizzato è divenuto pericolosamente sovraccarico, e noi non abbiamo attualmente mezzi adeguati per maneggiare quei contenuti irrazionali che la Weltanschauung scientifica ha distaccati dalla loro matrice obiettiva e repressi nell’inconscio»(3).
Il principio freudiano della “realizzazione dei desideri” (Wunsch-Erfüllung) è, secondo il Baynes, comprensivo e valido, dato che nella mentalità primitiva l’idea dominante è appunto quella della potenza del desiderio. In tale mentalità, la suggestione esercita la sua massima influenza; e perciò, viceversa, essa è considerata con paura dalla mentalità razionale, che vi ravvisa una sorta di spauracchio. Tale paura è quella di usare mezzi primitivi e inconsci. «Ma coloro che hanno perduto il contatto con le loro radici istintuali debbono imparare ad andare con la loro natura, ad aver fiducia in essa, e a non creder che tale natura sia invariabilmente cattiva.»
Nelle sedute medianiche (4) l’inconscio del medium tende molto sovente a polarizzarsi intorno alla persona più rappresentativa e dominatrice del gruppo – tipico fenomeno di transfert(5) in una sede extra-normale, di cui Jung stesso ha avuto occasione di fornire esempi. I contenuti inconsci della psiche del medium non hanno relazione integrata con la coscienza e, perciò, possono trovare espressione solo nel mondo crepuscolare del sogno o della trance. La traslazione, osserva il Baynes, «crea un ponte di fantasia per cui il potenziale dissociato cerca di trovare un punto di interesse o di attenzione nel mondo obiettivo.»
Un altro fatto caratteristico in molte sedute è il comportamento di solito “assolutistico” delle personalità o “entità” medianiche: le quali sogliono affermare o negare senza attenuazioni, dubbi o dialettica. Ciò, appunto perché si tratta di complessi dissociati e inconsci, il cui carattere si differenzia totalmente da quello della personalità cosciente e disciplinata. L'”educazione” di questa consiste per buona parte nell’imparare a conciliare esigenze diverse in uno spirito di relatività – cose ignote alla psiche inconscia.
Dal punto di vista euristico ed epistemologico, le conclusioni del Baynes sono nel senso che i fattori primamente da investigare in Metapsichica sono quelli psicologici: ad es. il grado di integrazione della personalità del medium, e la possibilità di specifiche potenzialità inconsce in membri del gruppo investigatore. «Il fatto che queste potenzialità possono divenire apparenti sotto forma di desiderio, o in qualche forma proiettata, è semplicemente la condizione inevitabilmente inerente a complessi dissociati.» E più oltre: «Se, per esempio, in una rassegna preliminare del materiale onirico dei partecipanti dovessimo scoprire personalità corrispondenti, nelle loro caratteristiche generali, a quelle apparse nella seduta medianica, saremmo in grado di stabilire un’equazione tra l’attività autonoma osservata nella seduta e certi specifici impulsi o tendenze nella sfera psicologica».
Il Baynes termina dichiarando che «per esplorare tutto il campo dei cosiddetti fenomeni sopranormali occorre estendere la nostra conoscenza della psicologia della dissociazione»; e deplora – lui medico – «che l’investigazione profonda della psicologia umana sia stata sinora quasi esclusivamente in mano ai medici, dato che questo ha incoraggiato il pregiudizio che la dissociazione sia invariabilmente un fenomeno patologico…», laddove «ogni fattore potenziale o emergente nell’inconscio esiste in una condizione dissociata prima di essere avvertito e accettato dalla coscienza».

Molte fra le anzidette considerazioni del Baynes coincidono perfettamente con quelle del sottoscritto. Che nelle manifestazioni medianiche si facciano strada – anche in forma simbolica, e persino supernormale – profondi contenuti inconsci in stato di dissociazione e di rimozione, è cosa che lo scrivente fece notare sin dal 1932, nella “parte riservata” di uno studio sui fenomeni medianici di Pasquale Erto. Abbiamo notato con piacere come nel saggio qui recensito il Baynes si mostri assai meno “misticamente” junghiano che in altri suoi lavori, e si tenga sopra un terreno che la maggior parte dei più “ortodossi” freudiani potrebbero riconoscere come proprio. L’esigenza fondamentale manifestata alla fine della sua comunicazione ci trova pienamente consenzienti, ed è d’altronde sentita da molti fra i metapsichisti d’oggigiorno, anche se i metodi di esplorazione dell’inconscio dei medium non debbano esser soltanto quelli della scuola junghiana. Importante è il riconoscimento che la dissociazione (o rimozione) non è necessariamente fenomeno patologico – ma a questo riguardo ci sembra che il Baynes, nei suoi appunti, generalizzi. Vorremmo qui citare molti medici, dal nostro Cazzamalli a parecchi soci della S.I.M., per i quali l’avvertimento finale del Baynes è da lungo tempo criterio accettato e pacifico di investigazione. Ma può darsi, ed anzi crediamo sia così, che l’atteggiamento di buona parte della medicina inglese non corrisponda a quello della scienza medica italiana per ciò che si riferisce ai medium e ai fenomeni metapsichici. Non possiamo qui che rallegrarci, una volta tanto, di ciò che avviene e che abbiamo in casa nostra.

Emilio Servadio

Note

(1) Come venne sostenuto anche da taluni psicoanalisti freudiani, fra i quali P. Federn, E. Servadio, e recentissimamente J. Eisenbud.

(2) Cfr. Jung, The Integration of Personality, Londra, 1940.

(3) Tali considerazioni corrispondono perfettamente a quanto espone Freud nella celebre opera Das Unbehagen in der Kultur, Vienna, 1930.

(4) Cfr. Jung, Zur Psychologie und Pathologie sog. okkulter Phänomene, Lipsia, 1902.

(5) Traslazione, secondo il termine adottato in Italia.

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