Personaggi e ricordi anni '20

PERSONAGGI E RICORDI ANNI ’20-OMAGGIO A GIROLAMO VITELLI

Fiera Letteraria 6 novembre 1927

Professore (come amate che Vi si chiami), o illustre Senatore (come Vi chiamano nel mondo accademico, anche se Vi secca), permettete che io Vi porga qui in tutta umiltà, un piccolo tributo di ammirazione. Perché con Voi abbiamo tutti parecchi debiti, Professore, e non riusciamo mai a pagarli abbastanza.
Negli odiati e indimenticabili anni del Ginnasio-Liceo i Vostri libri fecero passare dei brutti quarti d’ora a me, e a molti compagni. E· per l’ottima ragione che fin da quelle semi-incoscienti età ci rendevamo benissimo conto che con Voi c’era poco da scherzare. Il Vostro «Manuale della letteratura Latina», per esempio. Qualche volta si poteva forse discutere, convinti o meno, sopra certe traduzioni in versi del Mazzoni. Ma le vite che portavano la Vostra impronta, le note così trasparenti e quasi ingenue nella loro formidabile erudizione, l’intima e perfetta coesione del volume ci incutevano fin da allora un rispetto ammirativo.
Più tardi, quando la Vostra fisionomia nel campo della cultura italiana cominciò ad apparirmi più chiara, quando non in Voi soltanto l’erudito, ma potei meglio apprezzare il sensibilissimo critico, e (oh! molto alla lontana) il papirologo insigne, ebbi un gran desiderio di conoscerVi e di parlarVi allorché già le soglie del Liceo stavano per esser varcate, e le ore volavano portandosi via interi capitoli di «lstituzioni Oratorie» o di «Annali».
Professore, abbiate pazienza: so che a Voi le lodi seccano in maggior grado che le critiche degli scarsi avversari; ma so altresì che chi ha udito una Vostra lezione non può dimenticarsela più. Per quanto riguarda me, ricordo che i versi Oraziani mi apparvero, con grande stupore, pieni di mille risonanze e significati nuovi, come sfaccettati dalla Vostra analisi amorosa, che ne metteva in luce, progressivamente, gli addentellati con tutto un mondo vastissimo di estetiche da me a mala pena presentito. Voi sorridevate della mia ingenua meraviglia, e forse sorriderete ancora, se Vi dirò che il Vostro volume di «nugae», raccolte amorosamente dagli amici e dagli scolari, è il più caro dono del genere che avreste potuto offrirmi. «Subsiciva»: nome arguto e modesto, che nasconde tesori di sapienza.
Nel sereno ambiente degli Studi Superiori Fiorentini principalmente per merito Vostro e di altri pochi, è sorta una schiera di giovani studiosi che dà buone speranze per la continuazione del glorioso centro Teresa Lodi, Medea Norsa, Angelo Segré… A questi, come ad altri della stessa stirpe (se non della identica famiglia) Voi avete più volte inviato saluti, epistole rallegrate o addolorate, scherzi, epigrammi: «nugae», come Voi complessivamente avete creduto definirle. E sia pure e gran lode a coloro che hanno voluto «fermarle» per la consolazione di una più vasta cerchia (non molto, purtroppo: 230 esemplari numerati!) di ammiratori. Ché se, come il compianto Pistelli giustissimamente afferma nella breve prelazione, i Vostri epigrammi latini «saranno da tutti giudicati perfetti», e i Vostri versi greci «di una finezza ed eleganza Sofoclee», troppo grande sarebbe stato il rammarico di vedere in definitiva dispersi questi fogli volanti, che invece ora, stampati in purissima veste, ci danno come una continuazione della Vostra personalità più celata ai profani, quale si rivela soltanto nelle conversazioni od in «letture» intime di poeti a Voi cari.
Due distici: a scolari partenti per l’Egitto:

«lbitis undosum sine me trans acquor,
urbes visuri ruraque Niliaca : [amici,
vos tamen et votis et spe comitabor euntes
votaque pro fausto concipiam reditu
».

Questa classica venustà, che permette di riavvicinare il verso latino Vostro ai modelli classici, senza peraltro riuscire a trovarvi l’impronta di uno piuttosto che dell’altro poeta, si riscontra ovunque nel Vostro libro, Professore. Anche nell’epigramma pungente, nella celia piena di attico sale, ritroviamo quella affettuosa serenità quel dolce sorriso interiore che Vi ha dettato il composto Vostro epitaffio (destinato a rimanere ancora lungo tempo inutilizzato, per Zeus!), dal quale amo rievocare, una volta di più, le Vostre sembianze:

«Hieronymus quiescit hic Vitellius,
Samnitium quem regio montana edidit,
senemque terra texit urbs Florentia,
suos amavit, ipse dilectus suis;
paucos amicos habuit (at carissimos),
et pauciores forsan adversarios,
raro molestus ceteris qui noverunt,
patiens laboris studia coluit mollia,
graecasque docuit et latinas litteras,
non ille primus, ut puto, nec ultimus
ausus docere quae doceri debuit;
non imbrobus, non sordidus, non invidus,
non gloriosus… – Tune eum vel ceteris
varasse vitiis autumas ? – Homo fuit
».

Ed é per questa Vostra umanità che noi Vi amiamo.

Emilio Servadio

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