L’ ipnotismo come medicina per vincere i peggiori dolori
Non solo all’estero, ma anche in Italia, c’è già chi se ne serve oltre che nella psicoterapia, perfino in certi casi d’intervento chirurgico, annullando la sofferenza
Il Tempo 06/03/1959

Non è da oggi che ci occupiamo d’ipnotismo in queste colonne. Ben prima che grandi riviste come Life dedicassero alla « rinascita » dell’ipnotismo importanti servizi, o che periodici specializzati come Tomorrow pubblicassero numeri appositi, interamente consacrati all’affascinante argomento, chi scrive aveva cercato di fare, per i lettori de Il Tempo, alcune messe a punto (si vedano, ad es., i nostri articoli del 16 marzo e del 16 aprile 1956, e quello del 1. agosto 1958). La nuova ondata d’interesse per l’ipnotismo è andata nel frattempo crescendo. Accanto alle pubblicazioni menzionate, e a varie altre che hanno reso familiari certe idee relative all’ipnotismo a molti milioni di lettori, vi sono stati fatti oltremodo salienti, come l’approvazione, da parte dell’American Medical Association, di un rapporto sull’uso terapeutico dell’ipnosi, il cui testo – un vero modello di competenza e di equilibrio – è stato pubblicato nel Journal della predetta Associazione, il 12 settembre 1958. Anche la British Medical Association ha espresso al riguardo un parere che potremmo definire « favorevole con cautela ». Riconosciuta l’efficacia dell’ipnotismo in determinati settori della terapia – sia come anestetico che come coadiuvante curativo, o addirittura quale mezzo principale di cura – entrambe le Associazioni non hanno mancato dl circoscriverne l’uso a certi campi, di ricordare che gli stessi medici e psicologi debbono in primo luogo avere imparato ad adoperarlo, ed infine di avvertire – per citare le parole dell’American Medical Association – che « certi aspetti della ipnosi rimangono tuttora ignoti e controversi », e che pertanto « è da incoraggiare al riguardo una ricerca attiva e ad alto livello ». Vigorosamente condannato è, beninteso, lo uso dell’ipnotismo a scopo di diletto o di spettacolo.

Alti e bassi

Resi più sicuri da simili riconoscimenti e incoraggiamenti ufficiali, molti medici, psicologi e psichiatri hanno approfondito, in tempi recenti, lo studio e le applicazioni dell’ipnotismo. In Olanda, in Francia, in Inghilterra funzionano centri d’insegnamento e di ricerca. In America si calcola che vi siano circa 900 medici, e un centinaio di psicologi e psicoterapeuti, che impiegano regolarmente l’ipnotismo nella loro pratica professionale. Due Istituti statunitensi rilasciano, al riguardo, veri e propri diplomi di specializzazione. In Italia alcuni ginecologi hanno introdotto lo ipnotismo nelle tecniche di preparazione al parto, o ai fini del « parto indolore »; taluni odontoiatri (come il Palazzi o il Bertolini di Pavia) hanno effettuato difficili estrazioni, o piccole operazioni sui mascellari, su pazienti ipnotizzati; vi sono stati anche sporadici casi d’interventi chirurgici più impegnativi. L’uso dell’ipnotismo in psicoterapia è tuttora, specie in Italia, piuttosto scarso. Ma in ogni modo, nel panorama terapeutico e medico-psicologico del mondo attuale, non v’è dubbio che l’ipnotismo sia nuovamente in ascendenza.
Ma perché « nuovamente »? Lo studioso avvertito non può non rilevare – e noi stessi lo abbiamo più di una volta fatto presente – che la storia dell’ipnotismo appare come una curva sinusoidale, in cui si alternano periodi « alti » e periodi « bassi », senza che alcuno, apparentemente, possa farci nulla! Parecchi di coloro che attualmente fervono di entusiasmo e di zelo per ciò che l’ipnotismo indubbiamente può ottenere (e son cose davvero notevoli, talvolta impressionanti) sembrano dimenticare che quelle stesse cose, e molte altre ancora, furono messe in evidenza da Mesmer, e dal seguaci del cosiddetto « magnetismo animale », in Francia, oltre un secolo e mezzo fa! Seguì un periodo di magra, successivo allo ostracismo dato a Mesmer e ai suoi discepoli dalla scienza accademica; ma sotto il nome d’ipnotismo il vecchio mesmerismo o magnetismo animale, reso più « scientifico » e rispettabile, ricomparve ben presto: prima in Inghilterra con Brail, e poi, dopo qualche tempo, nuovamente in Francia, con tutta una schiera di avventurosi medici e psichiatri. Intorno alla metà del secolo scorso, diversi medici specialmente inglesi (basterà ricordare Ward, Esdaile o Elliotson) effettuarono numerose operazioni chirurgiche, anche di grande portata, sui pazienti ipnotizzati – con buona pace di coloro che guardano a simili interventi, oggi, come a spettacolari «novità».
Poi, altra flessione della nostra sinusoide! L’ipnotismo nuovamente decade, scompare dalle cliniche e dai trattati, diventa la Cenerentola della psicologia. Seguita ad esistere, sì, ma poco più che limitato a certi spettacoli di palcoscenico, ossia, daccapo, in forme non propriamente rispettabili. I medici, gli psichiatri, sanno che c’è ma poi non l’adoperano. I più sinceri dicono di non essere capaci, o di temere, di adoperarlo…

Ciarlataneria

Le ragioni solitamente addotte per spiegate questi tramonti periodici sono le seguenti. Sin dall’inizio, e durante ogni sua epoca di favore – si dice – l’ipnotismo è stato sempre contaminato da elementi di ciarlataneria, di teatralità e di mistero, il che ha finito ogni volta con disgustare e allontanare gli studiosi e i professionisti seri (timorosi fra l’altro, e non a torto, che l’occuparsi di « certe cose » finisse con lo screditarli). Inoltre – si osserva – l’ipnotismo è regolarmente venuto meno a molte delle sue promesse: non è forse vero che Freud, per citare l’esempio più famoso, su costretto ad abbandonare la tecnica ipnotica adottata in un primo tempo, perché inadeguata o inattendibile, e a sperimentare altre tecniche, da cui è sorta la odierna psicoanalisi? e non è forse vero che la psicologia e· la psicoterapia sono oggi, grazie a quello storico cambiamento di rotta, su posizioni che i bravi ipnotizzatori dell’Ottocento non avrebbero potuto neanche immaginare?
Sì, tutto ciò è verissimo: ma non basta, a nostro avviso, a spiegare, se non in parte, questo strano fenomeno – di un qualche cosa che un po’ va e un po’ non va, di una tecnica che per un certo tempo ottiene successi straordinari, e che da un dato punto in poi non li ottiene più. Come spiegare, ad esempio, il fatto che taluni professionisti dell’ipnotismo non riescono più, dopo qualche anno, e in pari circostanze, a produrre i risultati di una volta? Il già citato dottor Elliotson, che verso la metà del secolo scorso aveva persino effettuato amputazioni di arti su pazienti ipnotizzati (o, come allora si diceva, « mesmerizzati »),dichiarò nel 1865 di aver constatato che « il mesmerismo, al momento attuale, non aveva più la capacità di togliere il dolore ». E aggiungeva: « E’ un mistero … ».
Elliotson, secondo noi, aveva perfettamente ragione, anche se non era in grado di proporre una soluzione del « mistero ». E la soluzione, ci sembra, non può essere che la seguente. L’ipnotismo, per quello che tende a smuovere o a implicare, viene di quando in quando inconsciamente sentito come « allarmante », e pertanto assoggettato – sempre inconsciamente – a processi di negazione, di allontanamento e di rimozione. La psicoanalisi ci ha insegnato che di fronte a contenuti inquietanti o sgradevoli, l’apparato psichico individuale si difende sia dimenticandoli (cioè relegandoli nell’inconscio), sia togliendo loro importanza mediante il tacito rifiuto, la riduzione al minimo, l’isolamento, e via discorrendo. Lo stesso vale per la psiche collettiva. L’ipnotismo e per quanto si voglia circoscriverlo e limitarlo « scientificamente » (il che è non soltanto legittimo, ma doveroso), contiene elementi che presto o tardi tendono a rompere gli argini, e a mettere la personalità psichica umana di fronte ad alcuni suoi aspetti tutt’altro che rassicuranti. Esso mostra, ad esempio, che la veste di « padrone nella propria casa », che l’Io individuale tacitamente assume e di cui s’inorgoglisce, è una parvenza quanto mai precaria; che la vitale distinzione tra vero e falso, tra reale e irreale, può essere compromessa e cancellata dai comandi ipnotici; che, sia pure entro certi limiti, e in una certa misura, mediante l’ipnotismo l’ uomo può esser messo di fronte ad un suo oscuro, potente irrazionale mondo interiore. Questo mondo, si noti, sembra talvolta superare i rigidi confini delle singole personalità come è indicato dall’immancabile emergere, ogni qualvolta gli studiosi si occupano intensamente d’ipnotismo, di fenomeni cosiddetti « paranormali » (percezioni extra sensoriali, casi di chiaroveggenza e di telepatia, possibilità di suggestioni mentali). Accadde con Mesmer e seguaci, accadde con Janet e Richet, e accade sicuramente anche ai nostri giorni. Ma di fronte a simili sconcertanti rivelazioni è sopravvenuta, ogni volta un’ondata di negazione sterilizzante, i « fenomeni » non si sono più riscontrati, la sinusoide si è incurvata verso un nuovo nadir…: tanto sono forti le resistenze e le « controcariche » della personalità umana verso ciò da cui si sente minacciata; tanto è profonda, in tutti noi, l’angoscia nei riguardi di quello che si nasconde nei nostri medesimi abissi!
Siamo dunque, attualmente, in un « periodo alto » dello ipnotismo, e ciò probabilmente perché, una volta ancora, ci sorregge la speranza di poterlo scientificamente « imbrigliare ». Sarà la volta buona? E’ lecito dubitarne. Si vera sunt exposita, dovremmo assistere, tra qualche anno o qualche decennio, ad un’altra eclisse.

Emilio Servadio

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