Sul limitare dell’anno duemila « stile impero » per la moda femminile
Assurda ipotesi meccanica in un settore psicologico
Il Tempo 06/03/1962

A una grande macchina calcolatrice americana, collocala in un Centro elettronico della Pennsylvania, è stato proposto, dopo lunghi studi, un problema del tutto nuovo: quali saranno le fogge degli abiti femminili da qui a 25 anni – ossia nel 1987.
La parte più difficile dell’ « operazione » é stata quella preparatoria, E’ chiaro infatti che a un cervello elettronico, per quanto perfezionato esso sia, non si possono far domande se non in termini matematici (algebrici, geometrici, probabilistici, eccetera).
E’ stato quindi necessario, primo luogo, studiare gli abiti degli ultimi 25 anni; determinare le misure e i profili di massima, relativi ad alcuni tipi principali di capi di vestiario (e precisamente soprabiti, abiti da passeggio, abiti da sera); tradurre tutti i dati in cifre; infine, fornire alla macchina il materiale raccolto, e ordinarle di conoscere ciò che in gergo matematico si chiama una «estrapolazione » – ossia di sviluppare nel tempo, sino al traguardo del 1987,le ipotetiche linee e proporzioni derivanti dai profili matematici e geometrici della moda negli anni 1937-1962.
Non si può slegare che l’anzidetta preparazione sia stata, oltre che laboriosa, ingegnosa e accurata. Abbiamo sott’occhio le figure geometriche relative agli abiti da sera di alcuni anni del passato; la « vita alta » e il « piegone » anteriore del 1938, la linea «capitello» del 1945, il profilo sghembo (a « spalla scoperta ») del 1950, la breve camicetta e la sottana « a bolla » del 1958 … Per ottenere ceste silhouettes, e per tradurre le linee in formule, c’è voluto il concorso di un celebre disegnatore di figurini. Bill Blass, e di un non meno famoso matematico – programmatore, Steve Demakopoulos. I due, con i loro collaboratori, impiegarono alcuni mesi « per mettere a punto » un materiale su cui la macchina potesse finalmente « lavorare ». In tutto, i dati forniti al colossale cervello elettronico sono stati 975.
La calcolatrice ha dato il suo responso in 40 minuti. E’ stato appurato che a un uomo, munito di una comune macchina calcolatrice da ufficio, sarebbero occorse 40 settimane lavorative di 40 ore ciascuna, ossia un totale di 1600 ore effettive…
I tre modelli 1987 per l’abbigliamento femminile (soprabito, passeggio, sera) sono stati disegnati, eseguiti e fotografati. Il mantello è grigio chiarissimo, senza collo (giro di collo assai basso), maniche a sacchetto, taglio di vita « rimesso », parte interiore ricca e ampia. L’abito da passeggIo è scurissimo, con collo rialzato a calice, corpetto sboffante, braccia nude, sottana morbida e dritta che termina sotto il ginocchio, tasche verticali ai fianchi. L’abito da sera consta di due ampie fasce di chiffon scuro che scendono dalle spalle e sorreggono la veste di voile bianco. L’ampia scollatura é interrotta quasi sull’altezza dello stomaco da un gruppo di pietre, nere, e si prolunga poi, assottigliandosi, fin sotto la vita. La cucitura delle due fasce termina all’altezza del monile, ma esse si prolungano nel retro, sciolte, fino ai piedi. La veste, morbida e con lenta arricciatura, giunge a metà polpaccio. L’insieme richiama decisamente la moda stile Impero.
Le scarpe sono tutt’e tre del tipo attuale con scollatura classica e tacco a spillo. La pettinatura é a chignons altissimi al sommo del capo, con frangette di vario tipo e di media altezza.
Nel complesso, i tre modelli non hanno affatto un’aria «avveniristica». Uno, come abbiamo notato, sembra addirittura un richiamo alla moda del tempi napoleonici. Varie signore di buon gusto chiamate a giudicarli li hanno valutati con benevolenza, ma senza entusiasmo. Una specialista di moda femminile ha dichiarato: « A me tutto sommato non piacciono, ma non mi sorprenderei se li vedessi uno di questi giorni a una sfilata, o a un ricevimento »..
Il problema che ora inevitabilmente si pone é quello della legittimità e della fondatezza di simili anticipazioni « calcolate », per cui si vorrebbero estendere a campi tutt’altro che logico-matematici quei metodi che si possono applicare, e che vengono di fatto applicati con successo, a problemi più strettamente numerici, o traducibili in termini quantitativi, come lo sviluppo di una popolazione, la previsione degli incidenti stradali, o magari l’incidenza di certe crisi economiche. A noi sembra che quello della moda femminile ala un settore particolarmente denso d’incognite, e specialmente sensibile a influenze d’ordine emozionale; cosicché anche la più serrata e minuziosa « estrapolazione » a suo riguardo può rischiare di essere clamorosamente smentita per l’intervento di fattori non calcolabili. Questi fattori non sono di ordine statistico; appartengono alla fenomenologia variabile e imprevedibile della affettività.
Anche se la storia della moda mostra frequenti ricorsi, e ritorni al passato, tutta sanno infatti che piccoli e grandi eventi sia esteriori sia inerenti alle variazioni della psiche collettiva, possono influire sulla moda in guise che nessuna induzione, per logica e accurata che sia, potrebbe o avrebbe potuto prospettare. La ascesa di Napoleone al supremo potere suscitò lo « stile Impero ». In questo secolo, lo avvento dell’aviazione indusse la grande sartoria francese a lanciare le gonne con l’entrave, che non venivano sollevate dal vento delle eliche! Una subitanea rivalutazione delle curve femminili, nell’ultimo dopoguerra, portò al temporaneo ripristino della « vita alta » e dei bustini… Ma che dire, poi, delle improvvise mode dovute alla popolarità di un personaggio, alla «scoperta» di un’arte primitiva, o semplicemente alla decisione subitanea di un tirannico e inappellabile « maestro »? C’è chi sostiene addirittura che la maggiore influenza sulla moda femminile sia esercitata proprio da un piccolo numero di « grandi » della sartoria – specialmente a Parigi, a Roma e a New York – e che per prevedere come si vestiranno le elegantissime non diciamo nel 1987, ma semplicemente fra un anno, bisognerebbe in primo lungo poter indagare nelle mutevoli e ben di rado coscienti fantasie di otto o dieci esponenti della haute couture. Costoro, d’altra parte, non sono insensibili alle correnti e alle sottocorrenti psichiche delle collettività, e le interpretano anzi sovente con vera, quasi sonnambolica intuizione (come quando, contro ogni plausibile aspettazione, lanciarono la gonna a palloncino, o ripristinarono i cappelli a tese larghe). Se si ammette poi, con alcuni psicoanalisti anglo-americani, che l’abbigliamento è sostanzialmente difensivo, e rispecchia le ansie più o meno profonde dell’uomo di fronte al «mistero» della nudità femminile, aggiungiamo un’ altra incognita alla già complicatissima equazione: poiché nessuno al mondo – uomo o macchina che sia – è in grado di sapere quale sarà fra due, otto, o venticinque anni il grado d’ integrazione (o di… disintegrazione) dell’uomo evoluto di fronte ai problemi sessuali e a quelli della propria « disponibilità d’angoscia ».
La conclusione del nostro discorso non può essere che una. Prodotto dell’uomo, il « cervello elettronico », non è in grado di penetrare in zone della personalità, su cui l’uomo stesso riesce soltanto e limitatamente, ad affacciarsi, ossia, nel mistero delle sue oscure vicende, nell’enigma di quel che è ancora in gestazione nelle profonde matrici della vita interiore.
Emilio Servadio

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