Il metodo in metapsichica
Metapsichica 1946, anno I fasc. 2, pp. 71-80

Una “messa a fuoco” metodologica sembra particolarmente necessaria in Metapsichica. In altri rami più accettati e ortodossi del sapere si parla talvolta di maggiore o minor “rigore” scientifico di questo o quel lavoro. In Metapsichica, purtroppo, ci troviamo si può dire ogni momento di fronte a irrisolutezze e sbandamenti paurosi circa le questioni di metodo, dovuti al carattere del tutto peculiare dei fenomeni studiati.
Chi rifletta a sufficienza su questo problema, si convincerà probabilmente assai presto che una seria difficoltà iniziale per un inquadramento, diremo così, epistemologico e metodologico della questione metapsichica, è costituita dall’incertezza in cui ci troviamo di definirne l’oggetto e i limiti. Un’altra è data dai fattori personali ed emozionali che in essa abbondantemente si manifestano.
Altri rami della conoscenza scientifica, anche più giovani della Metapsichica, non presentano tali difficoltà, o le presentano in modo incomparabilmente meno grave. Consideriamo la prima delle due or ora menzionate. L’oggetto e i limiti della fisica nucleare, o dell’elettrogenetica, sono assai precisi e delimitati. In Metapsichica, troviamo fenomeni eterogenei e senza nesso apparente: dalle monizioni agli apporti, dalla psicometria alla cosiddetta fotografia spiritica, dalla tiptologia alle case infestate. Ai margini, stanno da un lato fenomeni che rientrano parzialmente nell’ambito di scienze ufficiali e universitarie, come ad es. l’ipnotismo; e all’altro estremo, presunti fenomeni che gli stessi metapsichisti non sanno se prendere seriamente in esame, o relegare senz’altro nel regno delle favole e della superstizione.
Se definiamo come “scienza” un particolare assieme organico di conoscenze, vale a dire un complesso di fatti omogenei, collegati pragmaticamente e teoreticamente, dobbiamo ammettere dunque che la Metapsichica non è ancora una scienza: e giova sperare che questa affermazione, proveniente da uno che si è battuto per molti anni affinché gli scienziati riconoscessero alla Metapsichica un diritto di cittadinanza nella repubblica del sapere, non verrà considerata con sospetto o con disfavore.
Appunto perché la Metapsichica non è ancora una scienza – tanto che gli anglo-americani seguitano a chiamarla Ricerca Psichica, “Psychical Research” – essa manca sinora di un complessivo coordinamento teoretico, ancorché di teorie, o di pseudo-teorie, a tentar di spiegare in tutto o in parte i fenomeni metapsichici, ne siano state avanzate molte decine. E un tale coordinamento è per ora impossibile, poiché sotto la designazione di “metapsichici”, come abbiamo accennato, si raggruppano fenomeni eterogenei, parte dei quali diverrà capitolo di biologia, di psicologia o di fisica, parte si presenterà a noi stessi con modalità e aspetti a cui per ora neppure pensiamo, e parte rimarrà chissà per quanto tempo sul limite fra conoscibile e inconoscibile. Le difficoltà qui menzionate risulteranno più chiare sol che si pensi alle quattro fasi, o “momenti” fondamentali del metodo scientifico: nomenclatura e definizioni; classifica; ricerca delle interdipendenze e covariazioni; definizione di leggi e previsione. Quando ebbi a svolgere le “voci” dell’Enciclopedia Italiana Treccani inerenti alla Metapsichica, ho dovuto occuparmi parecchio di questioni terminologiche. Ebbene, dobbiamo a mio avviso riconoscere onestamente che anche soltanto in tema di nomenclatura siamo, in Metapsichica, ancora piuttosto in alto mare. Definizioni e termini che parevano chiari e pacifici, come quelli riguardanti la telepatia, vengono oggi, e con buon fondamento, rimessi in discussione. Vari altri suonano da un pezzo sgradevoli a orecchie scientificamente esercitate. Una revisione graduale, ab imis, delle nostre classifiche è in corso. La terminologia metapsichica dovrà soggiacere, quanto e più che non quella di altre branche dello scibile, ad accurate rielaborazioni semantiche. Alcune interdipendenze e covariazioni furono sporadicamente indicate anche in passato da singoli ricercatori in questo o quel settore, ma il lavoro serio comincia si può dire adesso, con le minuziose e pazienti ricerche della scuola americana. Quanto a “leggi” e a prevedibilità, siamo anche qui appena ai margini di quel che potrà costituire la “scienza” metapsichica.
Ma altro è una scienza nel senso ristretto poc’anzi definito, altro sono l’atteggiamento scientifico, il metodo scientifico, lo studio scientifico di fenomeni o di problemi. Che cosa si intende per atteggiamento scientifico, per metodo scientifico? Non vorrei qui ripeter quanto è stato già, e ripetute volte, indicato. Chi ammira il volo di una rondine contro il cielo azzurro assume un atteggiamento estetico rispetto a questo fenomeno; chi ravvisa in esso, poniamo, una manifestazione di disegni provvidenziali, ne avrà una visione etico-religiosa. Chi si porrà problemi di velocità comparata, o di aerodinamica, guardando la rondine in volo, si atteggerà in modo più o meno completo, scientificamente.
Ciò premesso, ci chiederemo: 1) se l’atteggiamento e il metodo scientifici siano applicabili alla ricerca metapsichica, e con quali criteri; 2) se essi siano i soli ammissibili; 3) quali risultati possiamo attenderci in base a ciò che avremo concluso dalla nostra disamina dei due punti precedenti.
La questione dell’atteggiamento è, a nostro avviso, assolutamente fondamentale in Metapsichica. Cerchiamo di indicare alcuni dei motivi che ci fanno pensare in tal senso.
Anzitutto, ritroviamo la difficoltà preliminare numero due, osserviamo cioè che i fattori personali ed emozionali, assenti nelle scienze fisico-matematiche, cominciano a manifestarsi già in quelle biologiche, diventano cospicui in psicologia, e addirittura allarmanti in Metapsichica.
Prendiamo due casi estremi: di fronte a un soggetto in trance, che comunica un presunto “messaggio” agli ascoltatori, possiamo trovare da un lato un medico il quale, certissimo di trovarsi dinnanzi a un caso di sonnambulismo isteropatico, e del tutto ignaro dell’esistenza di fenomeni metapsichici di ordine mentale, osserva, scrolla le spalle, e classifica il soggetto fra i tanti da lui visti nelle cliniche neuropsichiatriche. Dall’altro lato, ci colpisce invece una persona la quale, entusiasticamente, devotamente, assiste ai discorsi pronunciati dal soggetto, senza alcuno spirito critico, nella ferma persuasione che quelle parole provengano dalla personalità di un defunto che per tal mezzo entri in comunicazione col mondo dei viventi.
Che il secondo atteggiamento non sia scientifico, nessun dubbio. Ma che diremo del primo, assunto dal supposto “uomo di scienza”? Qui dobbiamo per forza ammettere che se per “atteggiamento scientifico” dovessimo intender quello, i Metapsichisti avrebbero l’obbligo morale di scindere le loro responsabilità, e di iscriversi in falso contro una simile ristretta, meschina e misoneistica concezione della scienza.
Ma quando noi diciamo “atteggiamento” scientifico in Metapsichica intendiamo appunto qualche cosa di profondamente diverso: intendiamo una disposizione vigile e al tempo stesso cordiale, rigorosa allorché si tratti di osservazione, apertissima quando si tratti di ammettere possibilità di emergenze e rapporti nuovi e insospettati; consapevole, e al tempo stesso rispettosa, dei limiti dell’umano sapere, ma ferma circa la divisione insormontabile tra fenomenico e noumenico, fra immanente e trascendente.
L’atteggiamento del metapsichista si precisa e si localizza dunque a nostro avviso in un luogo geometricamente equidistante fra quelli occupati dai tipi che per comodità chiameremo “lo scienziato prevenuto” e “lo spiritista” o “l’occultista”. Circa quest’ultimo tipo è, credo, opportuno dichiarare che se tutte le ipotesi e credenze a carattere trascendente sono (purché non del tutto impensabili) legittime e rispettabili nella loro sede e sul loro piano, a favore di esse non verrà mai e poi mai una prova dal piano e dalla sede della ricerca scientifica o dai “fenomeni” in genere. Valga, per coloro che ancora si illudono a questo riguardo, e che commettono e ripetono tale grosso errore logico ed epistemologico, un semplice richiamo storico-bibliografico. Nel 1783 usciva un’aurea operetta, Prolegomeni ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza. Ne era autore Emanuele Kant. In essa è stata una volta per sempre denunciata la vanità, in quanto pretesi sistemi “scientifici”, di tutti gli spiritismi, gli occultismi e le magie passati, presenti e futuri: poiché il Kant vi dimostra, in modo rimasto sempre inoppugnabile, che nessuna conoscenza scientifica è in grado di farci oltrepassare il mondo fenomenico dell’esperienza.
Ma che l’atteggiamento e i metodi di certi sedicenti “scienziati” siano anch’essi censurabili allorché si tratta di Metapsichica, risulta chiaro dal fatto che mentre la Metapsichica, pur fra errori, brancolamenti e difficoltà d’ogni genere, si sta poco a poco svincolando dalla propria crisalide e si delinea ogni giorno più come organismo vivo e vitale, una buona parte di quegli scienziati, malgrado tutto, seguita tranquillamente a ignorarla. Anche in questo caso, vien ripetuto l’annoso errore di coloro che, col Lavoisier, negarono che potessero cadere pietre dal cielo, dato che nel cielo, com’egli diceva, non vi sono pietre. Anche qui, dunque, occorre intenderci bene allorché si parla di applicabilità alla Metapsichica dei metodi scientifici. Che essi siano adottabili, non v’è dubbio, ma sempre accomunati dal giusto atteggiamento poc’anzi definito. Supponiamo che degli uomini di scienza pretendessero sperimentare sopra un medium come sono abituati a fare con gli animali in laboratorio, o anche con soggetti ammalati o psicopatici in ospedale (casi del genere si sono verificati più volte): qualcuno potrebbe magari dire, fermandosi alla superficie dei fatti, che costoro hanno proceduto con metodi “scientifici”: ma in realtà, quali che fossero le loro intenzioni, essi hanno inibito e paralizzato gli eventuali fenomeni in statu nascendi, hanno compiuto, nella ricerca metapsichica, errori di metodo altrettanto gravi quanto quelli degli spiritisti o degli occultisti a oltranza.
In un discorso sul metodo in Metapsichica gioverà soffermarsi su due questioni assai importanti, e che lo riguardano molto da vicino: la prima è anzi addirittura inerente a tutta la sperimentazione metapsichica, ed è la questione della frode nei fenomeni medianici; la seconda è quella della testimonianza, e della valutazione in genere dei “dati” empirici di un esperimento o di una seduta. Saremmo tentati di dire che le due questioni anzidette potrebbero costituire vere e proprie “pietre di paragone” metodologiche per i metapsichisti, e per gli aspiranti tali.
In un lungo studio, “Medianità e frode”, apparso sulla rivista La Ricerca Psichica nel 1932, io proposi alcune distinzioni e definizioni in tema di frode, che sollevarono allora molte discussioni, e a cui aderì un numero assai limitato di metapsichisti. Oggi, a 14 anni di distanza, tali considerazioni appaiono singolarmente attuali, e ho potuto constatare che a quello studio parecchi scrittori fanno spesso riferimento. Ne indicherò i punti essenziali. Nel mio lavoro io consideravo anzitutto la frode cosciente e deliberata, e menzionavo i moderni sistemi per guardarsene e per smascherarla. Delineavo quindi i concetti di frode inconsapevole autonoma, e di frode apparente, isolandone due principi, quello del minimo sforzo e quello dei movimenti sincronici. Mi soffermavo poi sullo strano aspetto fraudolento di alcuni fenomeni medianici indiscutibilmente autentici, e consideravo l’importanza delle suggestioni eteronome, coscienti o meno, e in genere delle grandi possibilità dell’ideoplastia, come fattori determinativi di frodi vere e proprie, o di fenomeni genuini dall’apparenza truccata. Introducevo infine, pur con riserve, in Metapsichica il “principio di indeterminazione” che era stato formulato da Werner Heisenberg nel 1927 per le scienze fisiche. E nella chiusa scrivevo: «…Nelle sedute medianiche agiscono forze le quali – qualsiasi natura si voglia attribuir loro – sono assai spesso forze caotiche, prive di razionalità e di consapevolezza, assai simili a quelle che popolano il mondo dei sogni e dell’incosciente individuale e collettivo. Talvolta, e forse più sovente di quanto non si creda, tali forze operano in modo negativo, quasi mosse da un impulso di distruzione, di involuzione, di ritorno a forme larvali e incompiute di manifestazione esteriore: orbene, una delle modalità più frequenti di tale azione negativa è appunto la perversione dello stesso modo di comportarsi dei medium, l’introduzione della frode in ogni sua forma, nel seno stesso dei fenomeni esaminati. Tale “perversione” dell’andamento di una seduta, o di tutta una serie di esperienze, si è verificata in troppi casi perché dobbiamo qui soffermarvisi. Ad essa è dovuto quell’aspetto di caricatura, di scherzo di cattivo genere, di sciocco infantilismo, che caratterizza certe manifestazioni. Qui la “frode” assume un altro significato, è quasi l'”immagine di frode” dantesca, una specie di intruso che fa tutt’uno con l’ospite. Ben si comprende, a questo punto, la profonda verità di quanto soleva dire quasi paradossalmente il compianto Angelo Marzorati, che cioè “la frode è parte integrante della medianità”: e ciò non nel senso della credenza volgare che nella medianità tutto sia frode, ma in quello… che la frode partecipa all’essenza stessa della medianità come rovescio della medaglia, emisfero oscuro, elemento di dissoluzione, vizio insanabile e ineliminabile che occorre accettare se si vuole non rinunciare all’indagine…».
Questo, della frode nei fenomeni medianici, è a mio avviso un esempio di come il giusto metodo in Metapsichica porti a conclusioni a cui non si sarebbe probabilmente arrivati se non avessimo ampliato e coordinato i canoni tradizionali del metodo scientifico: il quale, se applicato nel senso ristretto e meschino già da noi condannato, avrebbe certo portato a distinzioni grossolane, taglienti, tra frode e non frode – com’è avvenuto a più riprese anche in tempi recenti – con evidente danno circa l’esito e le conclusioni del particolare gruppo di esperienze considerato, e circa il progresso generale delle nostre conoscenze in Metapsichica.
Sulla psicologia della testimonianza – che nel nostro caso diventa anche psicologia della scelta, della valutazione e del giudizio – esiste una vasta letteratura. In metapsichica, come abbiamo accennato, dobbiamo più che in altri indirizzi di studio tener presenti non solo gli errori, le lacune e le deficienze valutative occasionali, dovuti a imperfetta attenzione, a distrazione, ecc., ma altresì gli svariatissimi elementi affettivi che in certi casi estremi impediscono addirittura di vedere o di ascoltare, mentre in altri casi-limite fanno prendere lucciole per lanterne e attestare cose non mai vedute né udite. In questa sede, la psicoanalisi freudiana ha compiuto notoriamente importanti lavori, additando le determinanti inconsce, superficiali o profonde, di tanti nostri pensieri e azioni anche di poco momento. Quello che gli inglesi chiamano, con felice espressione, il “wishful thinking”, il “pensare desideroso”, è un costante pericolo nell’investigazione metapsichica, e solo in parte si può ovviare con gli apparecchi di controllo e le registrazioni meccaniche. Occasionalmente vien fatto di chiedersi se, oltre alla psicoanalisi dei soggetti e dei medium, insistentemente invocata da vari metapsichisti anglo-americani, non sarebbe opportuna quella degli sperimentatori. Quale valore scientifico possiamo dare, per fare un solo esempio, alle testimonianze e ai metodi di persone le quali, pur essendo colte e in buona fede, partecipino a esperienze metapsichiche solo perché sperano di rientrare in contatto e comunicazione con cari scomparsi? E per contro, non sarà viziato a priori il resoconto dello scienziato il quale, sotto una maschera cosciente di obiettività, si accosti alla metapsichica con un’inconscia, irriducibile avversione per questi strani fenomeni, che si svolgono in circostanze tanto diverse da quelle del suo laboratorio o gabinetto, e che minaccerebbero, una volta accertati, di sconvolgere i suoi schemi mentali e di turbare i suoi sonni?
Anche circa questo punto, solo una lunga esperienza e una notevole acclimatazione nelle malfide regioni della Metapsichica possono determinare il corretto atteggiamento e il giusto metodo.
Ciò premesso, è fuori discussione il fatto che tutti gli accorgimenti e le tecniche delle odierne scienze psicobiofisiche, matematiche, statistiche, debbano e possano essere adoperati nell’investigazione metapsichica. Come è stato osservato da Schepis nel suo lavoro “La ricerca scientifica in Metapsichica”(1), «per la Metapsichica si ripete, e anzi si accentua, il carattere di ricerca a tipo qualitativo, prevalentemente di osservazione e narrativo» delle scienze biologiche in confronto a quelle fisico-chimiche; e ciò perché, com’è noto, i fenomeni metapsichici non sono riproducibili a volontà. Ciò malgrado, è perfettamente legittima in Metapsichica l’applicazione del metodo sperimentale – così come essa lo è nelle scienze biologiche.
Se ora passiamo rapidamente in rassegna i singoli metodi, caratteristici di diverse scienze, i quali possono essere utilmente impiegati nella ricerca metapsichica una volta che si siano riconosciuti e adottati i criteri già esposti, troviamo in primo piano, indiscutibilmente, le scienze psicologiche: la psicologia generale nel senso più vasto della parola, ivi comprese, ad esempio, la psicologia della mistica, o la demopsicologia; quindi la psicologia sperimentale, la neuropsichiatria, la psicoanalisi. Come dice il suo stesso nome, la Metapsichica ha da fare con fenomeni direttamente o indirettamente inerenti allo psichismo, e da esso dipendenti. Il “soggetto”, sensitivo o medium che sia, è pur sempre il problema centrale di qualsiasi investigazione metapsichica. L’avvicinamento e l’esame, compiuti con criteri psicologici, dei soggetti, sono condizione sine qua non per l’eventuale riuscita delle esperienze: come potrà uniformarsi a tali criteri un fisico, supponiamo, il quale non sia in pari tempo dotato, se non di una vera cultura, perlomeno di una certa sensibilità psicologica? Viene in mente l’esempio di un celebre scienziato francese, premio Nobel, il quale dopo aver esortato ripetutamente con parole ironiche una medium a «mostrare un po’ di ectoplasma», si diffuse eloquentemente sull’esito negativo che avevano avuto le sedute da lui presenziate!
Ma non si tratta soltanto di savoir faire psicologico in generale. Si tratta, ormai, di investigazioni sistematiche a carattere psicologico, neuropsichiatrico e psicoanalitico. Si tratta, per esempio, degli studi sugli stati superficiali e profondi dell’ipnosi e della trance, sul valore della suggestione e dell’autosuggestione durante le esperienze e le sedute, sulle reazioni dei soggetti in particolari condizioni psicofisiologiche, quali quelle indotte da droghe o da stupefacenti, ecc. ecc. Esistono oggi metodi sottili per cui si arriva, attraverso un lavoro paziente, a una definizione assai precisa della personalità e del carattere individuale, delle “costellazioni” psichiche fondamentali e inconsce dei soggetti. Con i test mentali, col metodo Rorschach, con gli esperimenti associazionistici inaugurati dalla scuola di Zurigo, e infine, ove necessario, con la vera e propria psicoanalisi lege artis dei soggetti metapsichici, possiamo ragionevolmente aspettarci che molta luce venga gettata sulla psiche inconscia dei sensitivi e dei medium, come pure sulle caratteristiche di questa o quella “personalità” o “entità” medianica. Ricerche del genere sono state compiute specialmente nei paesi anglosassoni; ma io stesso ebbi l’onore di presentare al Congresso Psicoanalitico Internazionale di Marienbad, nel 1936, una relazione riguardante alcune osservazioni psicoanalitiche da me compiute sopra una medium chiaroveggente.
Seguono a quelle psicologiche, e con importanza notevolissima, le scienze biologiche e mediche, le quali per tanti versi e in tante occasioni si compenetrano e integrano con le precedenti. In modo particolare mi sembrano da doversi citare i contributi, sempre a opera degli americani, che sono venuti in tempi recenti alle ricerche intorno alla biotipologia dei soggetti metapsichici.
Largamente note sono le applicazioni che i metodi della fisica, compresi quelli dell’elettrotecnica, della radiotecnica, della fotografia e della cinematografia, hanno in Metapsichica, e che hanno lo scopo, oltre che di controllare e registrare i fenomeni, anche di costituire una specie di contrappeso ai facili errori dell’osservazione diretta, dovuti alle condizioni in cui i fenomeni stessi devono sovente venir studiati, e ai già menzionati fattori affettivi e irrazionali, consci e inconsci, che intralciano a ogni passo l’obiettività dell’indagine.
Sorvoliamo su altre “scienze ausiliarie” della Metapsichica, e sui loro metodi particolari; e menzioniamo quella che cronologicamente, con tutto il suo equipaggiamento, è venuta per ultima ad assisterci, ma la cui importanza appare ognora crescente: la statistica. Su questo argomento dobbiamo rinviare chi ci segue agli studi della ben nota rivista americana Journal of Parapsychology, a quelli pubblicati nei Proceedings della SPR, e al lavoro di Schepis apparso nel Notiziario interno n. 2 per i soci della SIM. Osserveremo soltanto, per chiudere questa rapida rassegna con un’ulteriore considerazione epistemologica, che i contributi statistici alla Metapsichica hanno riaperto la questione se la misura, e l’indagine quantitativa in genere, siano essenziali in Metapsichica: se, cioè, l’impostazione statistica e matematica riguardi tutti i problemi metapsichici e se un inquadramento scientifico della materia non possa, in ultima analisi, aversi che in tal guisa.
Su ciò autorevoli studiosi, e tra gli altri il Tyrrel, si sono pronunziati in senso negativo. Utilissimo, e anzi necessario l’avvicinamento matematico e statistico in taluni settori della metapsichica, e per la precisa definizione di tendenze, frequenze e covariazioni in fenomeni e attività riguardanti larghe masse di casi e di individui, esso si dimostra inapplicabile o superfluo in singoli casi complessi, mentre in altri casi, qualora si accompagni a pregiudiziali di ordine meccanicistico, rischia addirittura di incanalare la Metapsichica per vie sbagliate. Si può ripetere per la Metapsichica ciò che è largamente accettato per altri rami del sapere, che cioè una ricerca qualitativa può essere altrettanto “scientifica” quanto una quantitativa, e che la scienza si richiama ai fatti, e non necessariamente all’applicazione dello strumento matematico.
Ci siamo chiesti, all’inizio della nostra disamina, se in Metapsichica si possono ammettere altri metodi che non quelli scientifici. Saremmo tentati di rispondere con un “no” risoluto se non avessimo presenti i casi, per eccezionali che siano, di ricercatori seri i quali, in circostanze straordinarie della loro vita, provarono sperimentalmente su se stessi tecniche derivate da concezioni religiose e mistiche – quindi non scientifiche – specialmente orientali, e riferirono quindi assai serenamente e imparzialmente su quanto avevano vissuto e constatato. Citeremo, fra quelli di maggior rilievo, i nomi di Alexandra David-Neel, la famosa esploratrice del mondo tibetano, di William T. Seabrook, che riferì sui suoi contatti con i misteriosi culti Voodoo dell’isola di Haiti, e di Paul Brunton, che partecipò sia pure in modo superficiale a esperienze mistiche durante la sua permanenza presso il famoso Sri Ramana Maharishi di Tiruvannamalai nell’India citeriore. Qualcuno potrebbe ragionevolmente osservare che queste persone hanno recato contributi non indifferenti alla metapsichica, ancorché non si siano ottenute ai canoni occidentali della ricerca scientifica. E vorremmo aggiungere che nel momento in cui tali individui si sono staccati dalla loro stessa immedesimazione mistica o ascetica o magica che fosse, e hanno tentato di riferire le loro esperienze, e i fatti loro accaduti, in termini precisi e usando un linguaggio coordinato e razionale, essi hanno fatto in fondo, sia pure in guisa approssimativa, della scienza nel senso da noi voluto e proclamato.
Quanto ai risultati ultimi di tutto questo, penso che la saggezza stia ancora una volta nel molto operare e nel poco sperare. A coloro che cercano nella Metapsichica consolazioni e appagamenti di ordine sentimentale e fideistico, dobbiamo onestamente dichiarare che non le troveranno da noi se non contravvenendo alle regole del gioco. Altri metodi, altri sentieri meno aspri sono loro aperti. Ed è in questa sua lenta, ma certa e progressiva enucleazione dal fideismo e dall’emozionalismo che noi vediamo il coronamento finale del metodo in Metapsichica: quello che sempre affinandosi e facendosi più terso e preciso dovrà un giorno situare i fenomeni studiati dalla Metapsichica, sicuramente, stabilmente, nell’atmosfera fredda, radiosa e pura della Scienza.
Emilio Servadio

(1) In Studi e Ricerche di Metapsichica, Roma 1942.

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