Telepatia spontanea e telepatia sperimentale.
Luce e Ombra 1933

Il dott. Eugène Osty ha pubblicato, nei numeri 4, 5 e 6, 1932, e 1, 1933, della « Revue Métapsychique» , un lungo ed esauriente studio sui tema indicato a margine. Ne riassumeremo le linee principali, rinviando al testo coloro che volessero approfondire l’interessante argomento.

Il direttore dell’Institut Métapsychique comincia con una rapida rassegna storica. Egli ricorda le esperienze e le inchieste promosse dalla S. P. R. inglese: esperienze cd inchieste che vanno dalle prime di Gurney e Myers (1875) a quelle recentissime del prof. G. Soal. Tutti hanno presenti, del resto, le indagini compiute su l’inesauribile tema ad opera del Richet, del Janet, del Vaschide, del ThomsonTroland, e soprattutto quelle del Gardner-Murphy e del Warcollier.

I risultati delle esperienze compiute su vaste masse (tipo GardnerMurphy e Soal) non hanno superato, come ben si sa, quelli che si sarebbero ottenuti applicando la pura e semplice probabilità matematica. Il Soal ha esposto le sue conclusioni al riguardo in un intero fascicolo dei «Proceedings» della S. P. R., da noi a suo tempo richiamato. Ciò ha indotto parecchi studiosi a ritenere che i fenomeni telepatici non possano provarsi se non servendosi di speciali soggetti sensitivi – e, di conseguenza, che la telepatia come tale sia molto rara e pressochè impossibile a dimostrarsi sperimentalmente.

Il dott. Osty non è di questa opinione. Egli ritiene che i risultati sconfortanti ottenuti, il più delle volte, allorchè si è voluto «provocare» un fenomeno telepatico, siano dovuti a un errore di metodo, cioè al fatto di concepire il rapporto telepatico unicamente come un rapporto tra agente e ricevente, e di accompagnare la «trasmissione » anche con sforzi mentali. Qualora si seguano altre vie si trova, secondo l’Osty, che i soggetti atti a ricevere il pensiero altrui sono assai più numerosi di quanto non si creda. Attraverso l’esame di una serie di casi specifici l’Osty giunge alla dimostrazione della sua tesi.

Egli distingue i « modi » di percezione del pensiero altrui in varie categorie. La prima comprende i soggetti che hanno queste percezioni allorché colui che compie l’esperienza opera uno sforzo di rappresentazione mentale. Di questi soggetti l’Osty non ne conosce, per propria esperienza, che uno, M.me Kahl, la quale presenta, in aggiunta a questa sua già straordinaria facoltà, quella per cui numeri, parole, disegni pensati si iscrivono sulla sua pelle per dermografismo, nei luoghi indicati dagli sperimentatori, e in piena luce. L’Osty riassume i risultati di una serie di esperienze con la signora Kahl (esperienze di cui la « Revue Métapsychique » già riferì a suo tempo) e insiste con ragione sull’eccezionalità delle sue doti.

Una seconda categoria comprende i soggetti che percepiscono il pensiero selezionato, ma senza che ciò implichi uno sforzo di rappresentazione mentale da parte di chi compie l’esperimento. Tra questi soggetti appare specialmente dotato l’ing. Ossowiecki, protagonista di tante meravigliose esperienze metagnomiche. L’Osty ritiene che la fonte dalla quale l’Ossowieeki attinge inconsciamente la nozione di ciò che ha scritto uno degli astanti sia lo stesso psichismo della persona interessata; e ciò è comprovato dal fatto che i successi dell’ingegnere polacco variano a seconda delle persone, quasi per una « Simpatia » che può essere più o meno pronunciata, o anche non esservi. Inoltre spesso l’Ossowiecki non si è limitato a descrivere il contenuto, p. es., di uno scritto chiuso in busta sigillata, ma ha annunciato anche ciò che lo sperimentatore aveva avuto intenzione di scrivere, senza poi farlo. Le stesse dichiarazioni dell’Ossowiecki sul suo « Modo » di esercitare la metagnomia confermano questo punto di vista.

Al pari della signora Kahl, l’ingegnere Ossowiecki si pone, durante le esperienze, in uno stato di trance: stato di passività durante il quale affiorano alla sua coscienza le percezioni paranormali con forza quasi allucinatoria. Il dott. Osty insiste con ragione sulla peculiarità di questo stato, che distingue i soggetti in discorso dalla pluralità degli individui con i quali sono state compiute le esperienze tipo Soal. La necessità di porsi in trance o in semi-trance, e quella del «raccordo a psichico, non si realizzano evidentemente nelle esperienze di masse; le quali non darebbero i risultati negativi che danno se le modalità della trasmissione telepatica fossero veramente e in ogni caso come più comunemente s’immaginano, cioè simili a quelle che presiedono alle trasmissioni della T. S. F.

Un’ulteriore categoria di soggetti è quella di chi percepisce il pensiero non selezionato: categoria assai più numerosa delle precedenti, poiché qui non si tratta di seguire la via obbligata del disegno o della frase A, B, o C, ma di «lasciar funzionare» una facoltà generica di percezione paranormale. Con questi soggetti, scrive l’Osty, non si deve agire come fra « trasmittente» e «ricevente» di una determinata immagine mentale, poichè non è evidentemente questo il « modo» secondo cui la loro sensitività può funzionare. La caratteristica di tali soggetti è quella di «percepire la personalità umana» nel suo complesso; ed è appunto lasciandoli agire in questo senso che si ottengono da essi i risultati più soddisfacenti.

L’Osty passa in rassegna una serie di casi da lui osservati, e li classifica in tre categorie, a seconda che la conoscenza paranormale si sia esplicata subito in modo evidente, o sia risultata evidente in un secondo tempo, o non si sia potuta e non si possa accertare. Dopo tale rassegna, egli sottolinea che il raccordo tra i due soggetti delle esperienze è condizione sine qua non, constatabile anche per ciò che concerne le premonizioni. Il « sensitivo » non è tale per tutti, né in egual misura. Inoltre lo stesso soggetto che manifesterà una prodigiosa facoltà di premonizione nei riguardi di un determinato individuo non riuscirà a prevedere assolutamente nulla di ciò che si riferisce all’avvenire extra-individuale. Secondo l’Osty, insomma, il «momento»· saliente di ogni conoscenza paranormale è la presa di contatto di due psichismi; e il modo migliore di stabilire questo contatto è quello che i due individui non vogliano e non sappiano che i loro spiriti sono in comunicazione.

Altre importanti osservazioni dell’Osty traggono a concludere che il comportamento dei! sensitivi è lo stesso, sia che essi si volgano a « scoprire » l’individualità psichica di un vivente, sia che si riferiscano a un defunto. L’Osty mostra come neppure i casi in cui un soggetto rivela notizie relative a un defunto, ignorate da ogni essere vivente, siano dimostrativi a favore dell’ipotesi spiritica, poi che il comportamento dei soggetti stessi è in massima uguale (se essi non lo mascherano) a quello che assumono allorquando si tratta di afferrare il contenuto psichico di un vivente. Insiste anzi l’Osty, sui casi in cui il « mascheramento » di tipo spiritico è stato facilmente ravvisabile e dimostrabile; d’altra parte, egli conclude,, nulla sappiamo ancora di positivo sulla sorgente alla quale attinge il soggetto in tali casi, e dobbiamo per ora contentarci di semplici ipotesi. E’ questa, naturalmente, la parte dello studio dell’Osty che solleverà maggiori critiche e discussioni.

Passando infine alla telepatia spontanea, ed esaminandone le svariate manifestazioni, il dott. Osty conclude che le sue modalità intrinseche sono uguali a quelle del terzo tipo di telepatia sperimentale: terzo tipo che si avvicina appunto ad essa nelle sue linee generali. I vari casi in cui apparentemente questa «riduzione» del fenomeno telepatico alla conoscenza paranormale immanente umana non riesce a tutta prima evidente sono esaminati dall’Autore e « smontati » con un acume e un’ingegnosità non indifferenti. Per quanto riguarda i fenomeni mentali in genere l’Osty sembra dunque respingere risolutamente l’interpretazione spiritica, stricto sensu, benché nelle ultime pagine del suo lavoro mostri poi di accedere anch’egli alla tesi della sopravvivenza: sopravvivenza di quell’io più profondo che sta di là da ciò che scientificamente vien chiamato coscienza e subcoscienza, quell’io «il cui potere di conoscere la realtà senza ostacoli di spazio e di tempo, e di creare fugaci forme viventi, mostra ch’esso partecipa verosimilmente alla potenza intelligente che sottende la vita, che probabilmente è la vita; e che, perciò, esso può sfuggire alla sorte delle forme materiali, ineluttabilmente periture».

Lo spazio ci manca per commentare e discutere come vorremmo (e occorrerebbero certo molte pagine) l’importante contributo che il collega francese ha arrecato alla metapsichica soggettiva con questo suo studio. Anche se talune idee esposte in esso dovessero non persuadere, vorremmo raccomandarne l’attenta lettura a coloro cui soddisfi più lo «scavo» in profondità che non certi sincretismi fallaci ed ingannatori.

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