Psicoanalisi anni '20

PSICOANALISI ANNI ’20 -LA PSICOANALISI

Il Lavoro del 15/01/1926

Si riaccende anche in Italia la discussione sulla psicoanalisi di Freud, ed in proposito si annuncia imminente la pubblicazione d’un ponderoso volume del prof. Morselli.
Questa dottrina, che afferma la grande importanza di tendenze incoscienti, in prevalenza sessuali, sulla psiche umana normale e patologica, ha aperto una nuova via alle indagini del pensiero umano: sarà vera, non sarà vera? L’importanza di una dottrina non deve essere tanto misurata dal contributo di nuove acquisizioni al patrimonio della scienza, quanto al movimento di idee e di pensiero che suscita attorno ad essa. Così è stato per le teorie darwiniane, così per le lombrosiane: le quali, indipendentemente dalle loro conclusioni, hanno giovato a far progredire le scienze naturali e sociali, specialmente in virtù del loro valore dinamico. Così forse sarà per la psicoanalisi.
Addentrarci nei misteri della psicoanalisi non è agevole cosa: io cercherò di far da guida nell’intrigato e spinoso sentiero, tanto più difficile in quanto si tratta spesso di superare pregiudizi e di urtare contro idee morali correnti, ed anche perché, come scrive il Freud stesso, l’ostilità che d’ogni parte si leva contro le sue dottrine, dipende dalla ferita che essa infligge all’orgoglio umano.
Spesso le grandi teorie, come nelle grandi scoperte, troviamo un fatto accidentale: il pomo di Newton, il pendolo di Galileo, la rana di Galvani: piccole scintille che secondano un grande incendio in quelle menti in cui è accumulato il materiale esplosivo. C’era una giovanetta, intelligente, che presentò per due anni svariati disturbi nervosi: paralisi e turbe della sensibilità, tosse nervosa, avversione per le bevande, talvolta delirio, etc. Tutti questi fenomeni erano comparsi nella giovane mentre curava il padre malato. Durante i suoi deliri la malata emetteva parole che sembravano in rapporto con i suoi stati psichici antecedenti. Il fatto impressionò il Freud, medico viennese, il quale, ipnotizzando la malata, constatò che essa non parole sconnesse pronunciava, ma frasi esprimenti il dolore provato alla vista del padre morente. E per di più la confessione del proprio dolore durante l’ipnosi procurava un momentaneo sollievo dei turbamenti mentali. Domandando alla malata come le era insorta l’avversione per l’acqua, essa spiegò che entrando un giorno nella camera dell’istitutrice aveva visto un cane bere ad un bicchiere: ne aveva provato ripugnanza, ma per delicatezza aveva dovuto tacere. Uscita dallo stato ipnotico la giovanetta chiese acqua e la sua idrofobia scomparve. Con un simile procedimento scomparvero anche gli altri disturbi: cioè dopo che la malata, in ipnosi, poteva confessare che i disturbi erano dovuti allo sforzo che essa aveva dovuto fare per trattenere le manifestazioni del suo dolore al capezzale del padre. Il medico concluse che tutti i sintomi presentati erano in rapporto con gli stati affettivi anteriori, che, come si direbbe comunemente, non si erano potuti sfogare. La malata invece di esprimere con la mimica il suo disgusto alla vista del cane e di esternare con le lacrime il suo dolore, aveva represso e ricacciato nel profondo del suo incosciente queste emozioni. Le quali esercitavano, con la loro carica affettiva, un lavorìo subdolo di cui durante la veglia la malata non riconosceva il rapporto, e di cui si rendeva conto durante l’ipnosi, quando la coscienza taceva. Ciò le dava sollievo, quasi scaricasse quella che Freud, con il termine fisico, chiama appunto la “carica” di queste emozioni compresse, dette anche “complessi emotivi”.
In questa osservazione c’è tutta la dottrina del Freud nei suoi aspetti psichici, e nelle sue vie terapeutiche. Il Freud è infatti convinto che i turbamenti psichici e somatici degli isterici siano conversioni di stati affettivi, e che per farli scomparire occorra determinare le circostanze in cui questi complessi profondi, operanti nell’incosciente dell’essere, possono scaricare l’energia affettiva che posseggono, poiché è della loro compressione che derivano, nella veglia, tutti i sintomi nervosi.
Il Freud, proseguendo nelle sue indagini restò impressionato della notevole frequenza degli avvenimenti d’ordine sessuale nell’origine e nel decorso dell’isterismo. E non solo di tale nevrosi: ma di tutte quelle studiate; ovunque avvenimenti riguardanti la sessualità, e in modo speciale prima della pubertà e nella seconda infanzia. E così fece assurgere la sessualità (o almeno complessi di origine sessuale) al primo piano di ogni malattia mentale; (o meglio alle ascose fondamenta); diede alla sessualità una grande importanza nello sviluppo della psiche umana. “Libido, scrive il Freud, è il termine scientifico che designa la forza con cui si manifesta l’istinto sessuale, e che corrisponde alla parola fame per la nutrizione”. Tutte le nostre simpatie e i nostri affetti sono un frutto della libido, che è “la forza della vita”. Nelle opere di Freud la libido ha in fondo il senso che Schopenhauer da alla volontà di vivere, e Bergson allo slancio vitale.
Non fa quindi meraviglia se i freudisti trovano questa concezione della sessualità non solo negli adulti, ma anche nei bambini: ed anche nella letteratura, nelle arti, in ogni manifestazione della attività umana; nella salute e nella malattia. Ovunque sarebbero “complessi sessuali”, ignorati dall’individuo, che dall’incosciente irraggiano la loro influenza sulla sua mentalità, sulla sua condotta, sulla sua personalità.
La fisiologia e la psicologia tradizionale ci insegnano che l’istinto sessuale si sveglia solo alla pubertà (all’epoca di maturazione delle ghiandole sessuali); Freud invece afferma che l’atto sessuale esiste, possente e vario, se pur misconosciuto già nell’infanzia e nel lattante stesso. E il fatto è stato così a lungo avvolto nel mistero per l’amnesia infantile, che non è semplice oblio, ma è “censura”, funzione che scaccia dalla coscienza e comprime nell’incosciente ogni ricordo penoso che ferisca la personalità morale o sociale; e che impone a ciascuno di noi l’oblio categorico degli elementi rivelatori del risveglio della nostra sessualità.
Già numerosi autori avevano notato nel lattante sensi embrionali di gelosia e di erotismo; Freud afferma che l’istinto sessuale assume a tale età una gamma alta. Molti degli atti del lattante non sarebbero mossi che dalla concupiscenza e dal desiderio di avere piacere, cioè da quella forza di propulsione, che è la libido.
Noi conosciamo la leggenda di Edipo, destinato dal fato ad uccidere suo padre e a sposar sua madre. Sofocle ci fa assistere alla rivelazione del tragico mistero. Nel dialogo della tragedia greca assistiamo ad un vero procedimento psicoanalitico, quando Giocastra, la madre sposa, accecata dall’amore, si oppone all’inchiesta che porterà alla terribile rivelazione.
Orbene, secondo il Freud, c’è già nel bambino un complesso, – un Edipo-complesso: certi suoi atti adombrano già l’istinto sessuale.
Ma si possono comparare le moine del piccolo bambino alla balia colle tenebrose profondità di Edipo? Inunciamo alla critica e manteniamoci all’esposizione obiettiva delle dottrine di Freud.
Tale complesso erotico, che coi termini della antica psicologia si chiamerebbe istinto, normalmente all’epoca della pubertà sfocia nell’amore verso il sesso opposto: a tale epoca si produce il distacco più o meno progressivo dei legami erotici che uniscono i bambini ai genitori, e scompare ogni tendenza incestuosa; ma talvolta tale complesso, ricacciato e compresso nella profondità dell’incosciente, diventa l’origine di gravi forme nervose, isteriche. La scoperta dell’Edipo-complesso ha destato una opposizione accanita: ma il Freud vi è rimasto fedele. Bisogna, secondo lui, familiarizzarsi con questa concezione, che la leggenda greca riconosce come fatale e ineluttabile: bisogna analizzarla, e non lasciarla in pascolo solo alla poesia e all’arte.
Questi “complessi” che il fanciullo crescendo profonda e respinge nel suo incosciente, essendo carichi di tonalità affettive, e trovandosi in opposizione con le idee e precetti morali, generano un conflitto interiore, i cui barlumi si riflettono sulla personalità, e che talvolta possono tradursi in fenomeni morbosi. I sintomi isterici e nevrastenici non sarebbero dunque che tendenze di natura sessuale, quasi sempre aberranti, ma inibite, represse e traslocate sopra immagini vicarie del tutto diverse dalle primitive. La carica emozionale, compressa, può trovar sfogo in reazioni insulse e fastidiose (tics, tremori, paralisi, convulsioni); oppure può legarsi ad una idea qualunque, dapprima indifferente, che quindi diventa ossessionante; in qualche caso più favorevole si connette ad un ideale elevato, che diventa il pascolo della vita spirituale, meta di un programma ardente e generoso, estetico, scientifico, umanistico (sublimazione).
Scopo della psicoanalisi sarà quello di investigare e di rivelare il segreto incosciente: quindi provocare la confessione liberatrice: ed in tal modo diventare uno strumento di crisi benefica, di psicoterapia, di educazione spirituale.
Ora resta a discorrere della formazione della personalità e del simbolismo dei sogni, che occupa tanta parte della teoria freudiana. Ce ne occuperemo in altri due articoli, con cui completeremo questa sommaria esposizione.
Eutidemo

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