R. e Y. Allendy: Capitalisme et sexualité. – Les éditions Denoël et Steele. Paris, 1932.
Rivista di Psicoanalisi n. 2-3, 1932

Questo volume che il fecondo autore francese ha pubblicato con la collaborazione (crediamo) della moglie, investe i più scottanti problemi dell’epoca nostra, ed è uno dei primi tentativi seri di riconoscere e precisare i fondamenti biologici dell’assetto e del comportamento sociali. Estremamente frazionati, se pur riuniti da un comune filo conduttore, gli argomenti trattati dall’ALLENDY meriterebbero ognuno uno studio a parte. L’Autore delinea dapprima i conflitti, che le condizioni capitalistiche aggravano, tra istinti di possesso e istinti di procreazione, e la sostituzione di valori economici a valori sentimentali nei rapporti tra i sessi. Egli ravvisa, col FERENCZI, nella fase analerotica della sessualità infantile la determinante di quello che sarà poi l’atteggiamento dell’adulto verso la ricchezza (fondamento “alimentare” della acquisizione capitalistica). A questi istinti “centripeti” si oppongono gli istinti “centrifughi” che si sviluppano successivamente e che risultano da un’ulteriore evoluzione della sessualità. Una repressione di questa a fasi che dovrebbero esser state superate costituisce, secondo l’ALLENDY, la “nevrosi sociale” che caratterizza le società moderne: nevrosi perfettamente analoga, nel meccanismo patogenetico, a quella che può affliggere un singolo individuo, e dovuta all’orientamento vizioso che la civiltà, nelle sue conseguenze spesso imprevedibili e fatali, ha dato ai contemporanei. I capitoli dedicati al matrimonio, alla prostituzione, alla procreazione, studiano le più palesi espressioni di tale disorientamento sociale. Come fare perché gli istinti “oblativi”, centrifughi, riprendano il sopravvento? In un capitolo, l’ultimo, dedicato alle “soluzioni future”, l’ALLENDY indica sommariamente: ulteriore riduzione del diritto di proprietà, già notevolmente in regresso; diversa distribuzione delle ricchezze; emancipazione economica della donna (quindi abolizione del capitalismo e trasformazione della famiglia moderna); deviazione dell’istinto di acquisizione verso valori biologici e spirituali; sostituzione, infine, dello Stato al Padre nella funzione economica. Il sacrificio dei diritti “assoluti” di proprietà e di paternità è il solo che possa permettere, secondo l’ALLENDY, di uscire dalla situazione presente e di formare la società nuova.
S’intende che anche in sede economico-sociale noi dissentiamo da parecchie e svariate tesi dell’Autore; ma non è qui il luogo per una critica a questa parte del suo ragguardevole lavoro. Piuttosto dovremmo muovere diverse obiezioni a concetti che l’ALLENDY introduce, e che non reggono di fronte agli accertamenti e alle conclusioni più sicure della psicoanalisi. Così, per fare un solo esempio, laddove egli antepone il “complesso del Capo” al complesso edipico (pag. 50-62), evidentemente non comprendendo che l’eventuale sostituzione delle “persone” del complesso (e quella del Capo al Padre è tra le più pacifiche) non implica affatto una negazione di priorità del rapporto tra il bambino e i genitori: priorità che è l’evidenza stessa. Ad ogni modo, e a malgrado della posizione piuttosto incerta dell’ALLENDY di fronte alla dottrina di FREUD (in vari punti del suo esposto sono evidenti gli influssi Junghiani), il suo libro è sempre assai raccomandabile alle persone già dotate di una certa preparazione psicoanalitica, e contiene molte osservazioni nuove ed acute sul “tragico, quotidiano” del mondo attuale.
Emilio Servadio

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