L’evidenza in rapporto ai fenomeni psichici.
Luce e Ombra 1933

Nel fascicolo di aprile, 1933, della rivista « Psychic Science », è apparsa una relazione assai arguta di H. A. V. Green intorno all’ «evidenza» quale generico fondamento di ogni prova, e alla sua considerazione in rapporto ai fenomeni psichici.

Dopo aver premesso che la testimonianza umana è per sua natura quanto mai fallace (fatto ben noto e tenuto già da gran tempo in considerazione da legislatori e da giuristi), il Green ricorda che la prova scientifica dev’essere ancora più rigorosa di quella che si chiede legalmente, e che il miglior mezzo per provare una verità scientifica è quello della virtuale ripetizione ad infinitum di un’esperienza, ossia della possibilità di ottenere costantemente, poste certe cause, un determinato effetto. Appunto una delle obiezioni che più comunemente si muovono alle esperienze metapsichiche è quella che i fenomeni non possono essere riprodotti a volontà: obiezione assurda, poiché le « condizioni » che presiedono ai singoli fenomeni non sono, verosimilmente, identiche, e il fatto che sinora si conosca assai poco intorno ad esse è appunto quello che impedisce di ottenere i fenomeni ad libitum. A questa argomentazione del Green si potrebbe aggiungere che la riproducibilità di un fenomeno non è condizione sine qua non perché una scienza abbia il diritto di chiamarsi tale: altrimenti la psichiatria o la sismologia o la meteorologia non avrebbero carattere scientifico…

Ma qual’è, nel caso dei fenomeni psichici, il grado di evidenza sufficiente perchè si possa asseverare con certezza che questo o quel fatto si è verificato?

Il Green dissocia, anzitutto, l’idea di prova (o evidenza) di un «fatto» da quella di « conoscenza delle cause ». L’una può star benissimo senza l’altra. Per molti secoli, egli scrive, gli uomini hanno accertata l’esistenza dei fulmini senza conoscerne le cause e senza chiedersi se chi l’affermava non fosse stato per caso vittima di allucinazioni ….

Le forme dell’evidenza possono essere parecchie. In primis quella dei sensi: non v’è motivo di dubitare dei propri sensi se si vede o si tocca un oggetto che si sposta senza contatti apparenti, dato che non se ne dubita in altre occasioni. Il Green quasi si scusa di far presente un criterio così elementare: ma è un fatto che persone perfettamente sane e non soggette ad allucinazioni vengono considerate come allucinate non appena testimoniano in favore di un fenomeno medianico …. La testimonianza altrui, prosegue il Green, costituirà naturalmente un’ulteriore conferma di quanto hanno accertato i sensi.

Qualora non si possa accertare un fenomeno direttamente, occorrerà pure fondarsi sulle affermazioni di osservatori onesti ed intelligenti. Ma qui cominciano i guai. I pareri degli avversari sono assai divisi circa l’idoneità richiesta per osservare e studiare i fenomeni metapsichici. Per gli uni l’osservatore ideale sarà un illusionista, per gli altri uno scienziato, per altri ancora un giurista, o uno psicologo, o un medico, o un uomo dotato semplicemente di buon senso …. Orbene, scrive il Green, i testimoni a favore dei fenomeni psichici possono reclutarsi tra gli appartenenti a tutte queste categorie, e ad altre ancora! Tra gli illusionisti Will Goldston, Harry Price; tra i fisici, Lodge, M.me Curie, Crawford; tra gli psicologi il dr. Hyslop, tra i matematici Malcolm Bird, tra gli astronomi Zollner e Flammarion, tra i filosofi James, tra i criminologi Lombroso, tra i poeti Maeterlinck, tra i pubblicisti Stead, tra i medici Geley, Schrenck-Notzing …. e l’elenco potrebbe enormemente allungarsi. A un critico che ha recentemente chiesto la testimonianza di una donna di casa il Green cita quella della signora Bisson! Ricorda inoltre casi clamorosissimi in cui degli ultraspecialisti sono rimasti attoniti di fronte ai fenomeni (il dr. Whymant per il cinese, con Valiantine, J. W. Fife per le impronte digitali con «Margery ») e cita alcune ben note frasi del Richet circa la scarsa probabilità che un numero così grande di uomini d’intelletto e di scienza si siano totalmente ingannati.

Un altro genere di evidenza è dato da oggetti materiali come fotografie, impronte, ecc., che naturalmente non possono costituire da soli una prova, ma possono suffragare la testimonianza dei sensi.

Il Green non si nasconde, peraltro, che molte volte le relazioni concernenti questi o quei fenomeni psichici non sono per nulla «evidenti». Talora i fatti si sono svolti in condizioni insufficienti a garantire l’osservatore; i libri o gli articoli sono spesso anonimi, non citano tutti i particolari delle esperienze, non fanno rilevare con franchezza questo o quel fatto che potrebbe far mettere in dubbio la genuinità delle manifestazioni, le citazioni vengono riportate sovente di seconda o di terza mano, ecc. ecc.

Il comportamento dei critici è però spesso, anche di fronte all’s evidenza », del tutto condannabile. O essi trascurano dei dati di fatto (ad es., i controlli adottati); o scelgono in un gruppo di fenomeni quelli riproducibili con mezzi normali (ma in altre condizioni) per estendere quindi il sospetto a tutti quelli del gruppo considerato; o si fondano su taluni casi di frode per proclamare che, quindi, tutto è frode. Si sa invece che, per quest’ultimo punto, è vero proprio il contrario, cioè che mille pseudo-fenomeni prodotti fraudolentemente non varrebbero a distruggere un solo fenomeno ottenuto in condizioni tali da escludere la frode.

Dopo aver esaminato, a proposito di un caso specifico riferito, le diverse spiegazioni che potrebbero esserne date, il Green ricorda una volta ancora la regola aurea che troppi studiosi delle nostre materie spesso dimenticano: che cioè occorre procedere, nell’interpretazione, dal noto all’ignoto, senza cedere ad argomenti che non abbiano dalla loro il suffragio dei fatti e della loro logica coordinazione.

Termina il Green osservando che certe circostanze di second’ordine non debbono fuorviare il giudizio, e diminuire l’evidenza di un determinato fenomeno: così, per es., il fatto che un medium venga compensato non multa contro la genuinità dei fenomeni che produce; così come il non compensare un medium non è certo garanzia che le sue manifestazioni siano autentiche.

Tali criteri assai semplici ma troppo spesso dimenticati – è bene, conclude il Green, che vengano enunciati esplicitamente, in una epoca come questa in cui il ricercatore è ogni tanto colpito dalla mancanza di ((evidenza)) in fenomeni straordinari che gli vengono riferiti. E’ chiaro che la forza dimostrativa delle osservazioni e dei resoconti è l’unica – indipendentemente dalla stessa realtà dei fatti – che possa far vincere alla Ricerca psichica le sue battaglie presenti e future.
EMILIO SERVADIO.

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