Freud nel diario intimo di una donna affascinante
Il creatore della psicoanalisi si sentiva perso quando alle sue lezioni mancava Lou Salomé – Un dissidio sulla femminilità
Prezioso manoscritto pubblicato dopo tanti anni
Il Tempo 15 agosto 1965

Il 10 novembre 1912, Freud scriveva a una donna: «…Ho preso la cattiva abitudine di rivolgermi, quando faccio lezione, a una determinata persona tra il pubblico; e ieri guardavo imbambolato la sedia vuota riservata a Lei». E pochi mesi dopo (2 marzo 1913), alla stessa: «Lei non era presente alla mia lezione di sabato. Mi sono sentito privato del mio punto di riferimento, e ho parlato stentatamente. Per fortuna era l’ultima lezione».
Chi era questa donna, alla cui presenza Freud teneva in un modo così esplicito, e quasi patetico? Era la famosa Lou Andreas-Salomé, l’amica di Nietzsche e di Rilke, la confidente, collaboratrice o ispiratrice di alcuni tra i più grandi ingegni della fine dell’Ottocento e dei primo Novecento: Hauptmann, Wassermann, Buber, Wedekind, Schitzler…
Naturalmente non c’è studioso di Rilke il quale ignori l’importanza avuta da Lou Andreas-Salomé nella vita del poeta. Ma quanti sanno che questa donna affascinante e intelligentissima, autrice di acuti saggi letterari e filosofici, l’ardente poetessa dell’inno alla vita (per il quale lo stesso Nietzsche volle comporre un commento musicale), fu una devota discepola di Freud, e collega di alcuni tra i più famosi psicoanalisti delle prime leve, quali Ferenczi, Tausk, Federn o Silberer? Che Freud la stimasse molto, risulta abbastanza chiaro dalle due lettere che abbiamo citate. Ma Freud, inoltre, pubblicò alcuni lavori scientifici della Andreas Salomé nelle sue riviste, li citò occasionalmente con lode nei propri libri, autorizzò la brillante allieva a praticare la· psicoanalisi, ed ebbe con lei lunghi colloqui, dibattiti amichevoli, e scambi di corrispondenza. E’ quasi superfluo avvertire che i rapporti di Freud con Lou Andreas Salomé, per quanto contrassegnati da una mutua, intensa ammirazione, non andarono mai oltre i limiti della più cordiale amicizia.
Su questa relazione, la stessa Andreas-Salomé aveva pubblicato, nel 1931, un libro caratteristicamente intitolato Mein Dank and Freud («Il mio grazie a Freud»). Ma al pari di molti intellettuali, essa teneva dei diari, e uno di questi conteneva le note relative a Freud, alle sue lezioni, alle discussioni sulla psicoanalisi – il tutto nelle coordinate di un periodo cruciale per la storia del movimento psicoanalitico ossia di quegli anni 1912-13, contrassegnati dalle successive «defezioni» di Jung, Stekel e Adler, dal rinsaldarsi dei vincoli di Freud con i suoi più validi collaboratori, e dal primo affermarsi dell’Associazione psicoanalitica internazionale. Era l’epoca – tanto per intenderci – in cui Freud leggeva e discuteva con i suoi allievi i capitoli di Totem e Tabù che andava via via elaborando, e in cui le idee freudiane cominciavano a penetrare nella cultura contemporanea, anche molto oltre il terreno psicologico-clinico nel quale erano sbocciate. Lou Andreas-Salomé si trovò nel bel mezzo di questa fervida stagione, e consegnò le sue impressioni e riflessioni in un quaderno dalla copertina rossa, tardivamente ritrovato nella sua casa di Gotting, e finalmente pubblicato, a 28 anni dalla sua morte. L’opera, curata e tradotta da Stanley A. Leovy, docente all’università di Yale, s’intitola The Freud Journal of Lou Andreas-Salomé, ed è uscita or ora a Londra, per i tipi della Hogart Press.

Matrimonio di stima

Nata in Russia nel 1861, ma di lontana discendenza ugonotta (come indica il cognome francese Salomé), l’autrice del Diario freudiano aveva sposato nel 1887 il filologo tedesco F.C. Andreas, ma il suo era stato un matrimonio di stima e non d’amore. Nel frattempo, era terminata la sua tempestosa relazione con Nietzsche, che aveva conosciuto a Roma nel 1882. La sua vicenda con Rilke ebbe inizio nei 1897. Lou aveva trentasei anni, il poeta delle Christus-Visionen, il futuro autore delle Elegie di Duino, ne aveva ventuno. Fu un amore che durò, come tutti sanno, sino alla morte di Rilke, e nel quale Lou Andreas-Salomé esercitò indiscutibilmente una funzione dominante e, al tempo stesso, di «grande ispiratrice». Più di una volta, Lou si provò a analizzare, sulla base delle eccellenti cognizioni apprese da Freud avesse ragione e gli tici e comportamenti di Rilke.
Per Freud, come si è accennato, Lou Andreas-Salomé ebbe sentimenti di profonda devozione e ammirazione. Oltre al genio scientifico del creatore e del pioniere, la impressionavano la sua integrità morale, e la sua franchezza. Più d’una volta, nel Diario, essa mette lucidamente a confronto alcune vedute di Freud con quelle, diverse od opposte, di altri studiosi; e con brevi parole fa risaltare come e perché Freud avesse ragione e gli altri torto. Nelle discussioni fra discepoli, dopo le lezioni ben raramente fu tra coloro che sollevavano dubbi od obiezioni; e non di rado per contro, all’unisono con Tausk o con Ferenczi, contribuì ad illustrare e a render più chiaro ciò che aveva ascoltato.

Visione patriarcale

Si potrebbe dunque, a proposito del suo atteggiamento verso Freud, parlare di quello che in psicoanalisi si suol chiamare transfert; e non c’è dubbio che in Freud (come in altri uomini «importanti» della sua vita), Lou Andreas-Salomé abbia inconsapevolmente trovato una figura di tipo «paterno», da seguire e da amare. Ma non si deve credere che la sua devozione al Maestro fosse supina o sprovveduta. Il Diario é· pieno di annotazioni perspicaci, che rivelano eccezionali facoltà d elaborazione attiva e di ripensamento. In certe questioni anche rilevanti, Lou Andreas Salomé ebbe, anzi, opinioni diverse da quelle di Freud: – per esempio, circa la concezione della femminilità. E’ largamente noto che, per tradizione familiare, e trovandosi a· vivere in un’epoca in cui la emancipazione della donna era appena agli inizi, Freud aveva una visione «patriarcale» della famiglia e della società, e riteneva che uno dei problemi esenziali dell’evoluzione femminile fosse quello relativo a una inevitabile «invidia» della femmina nei confronti del maschio. Lou Andreas-Salomé – forte, oltre tutto, di ampie esperienze personali, e superbamente «integrata» a tutti i livelli e in tutti gli aspetti della femminilità – era di ben altro parere. Nel Diario, essa chiama la donna «animale fortunato», e arriva a dichiarare che per un nevrotico, il desiderio o la fantasia di poter essere donna «equivale al desiderio di guarire»!…
Retrospettivamente, Lou Andreas-Salomé ci appare dunque come una magnifica imago – avrebbe detto Freud – di dea amante e madre, pur se aveva adottato, e saputo adoperare, la sapienza e le armi di una olimpica divinità oracolare e guerriera. Essa rivive oggi tra noi in questo suo Diario, partecipe dell’immortalità del suo Maestro.

Emilio Servadio

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