Ipnosi e chirurgia vanno molto d’accordo
Un analgesico fuori del comune.
Non si tratta di una « novità sensazionale »: le prime notizie di pazienti ipnotizzati risalgono tutte ai primordi del secolo scorso
Il Tempo 16/03/1956
E’ stato recentemente riportato dalla stampa un caso di estrazione di un dente, in cui l’anestesia era stata ottenuta non già con mezzi chimici, ma mediante l’ipnotismo. La paziente, messa in ipnosi da un esperto, e alla quale era stato suggerito di non sentir dolore, ha sopportato la piccola operazione senza batter ciglio, non ha avvertito un bel nulla, e tutto si è svolto nel migliore dei modi e senza conseguenze.
L’episodio ha richiamato nuovamente l’attenzione di medici e di profani su questa e su altre possibilità di applicazione dell’ipnotismo. Alcuni, non troppo bene informati, hanno parlato di « novità sensazionale », o addirittura di una svolta nell’anestesiologia. In realtà, si tratta di cosa niente affatto nuova. L’idea che un intervento ipno-suggestivo potesse permettere a un chirurgo di fare a meno di anestetici ha oltre cent’anni, e le sue prime applicazioni risalgono ad un’epoca in cui non era stata neppur coniata la parola « ipnotismo ». Questo termine, infatti, appare per la prima volta negli scritti del medico inglese James Braid (intorno al 1840): mentre nel periodo precedente si era parlato di «mesmerismo» (dal nome del tedesco Mesmer), o di « magnetismo animale ».
Le prime notizie di operazioni chirurgiche effettuate nelle anzidette condizioni risalgono appunto al periodo aureo del mesmerismo, ossia al primo trentennio del secolo scorso. Seguaci di Mesmer, come Du Potet, « magnetizzarono » pazienti negli ospedali di Parigi; e il dott. Cloquet, nel 1829, riferì all’Accademia francese di medicina sulle operazioni effettuate in tali circostanze – non senza critiche e contrasti da parte dei rappresentanti della medicina ufficiale. Non diversamente fu accolta dalla Reale Società medico-chirurgica di Londra una relazione del dott. Ward (1842) circa varie amputazioni senza dolore da lui effettuate su pazienti ipnotizzati.
Ma molti antagonismi si smorzarono quando un altro medico inglese, il dott. Esdaile, riferì in merito alle operazioni indolori sotto ipnosi da lui compiute negli ospedali di Calcutta, appunto in quegli anni. Quando· ebbe raggiunto il numero di cento interventi del genere, Esdaile sottopose i suoi risultati a una Commissione medica governativa, che si pronunzio in senso a lui favorevole. Le operazioni di Esdaile erano state in buona parte di carattere ostetrico. I suoi successi furono confermati da altri analoghi, ottenuti da Vogler in Germania, da Le Fort in Francia, da Forel in Svizzera. Nel 1890, Haab effettuò una iridectomia, e poi l’estrazione del bulbo, su un paziente posto in anestesia mediante la suggestione ipnotica.
Nel campo odontoiatrico sul quale è stato recentemente richiamato l’interesse del pubblico italiano gli interventi del genere sono stati numerosissimi, già nel secolo scorso (Bramwell, Hivert, Sandberg, Glogauer). Circa tre anni or sono, in Inghilterra, un’estrazione in condizioni del tutto simili a quella avvenuta ultimamente a Roma, fu oggetto di una ripresa televisiva, e moltissimi poterono seguirla sugli schermi, in tutte le sue fasi!
Dopo un periodo in cui l’ipnotismo – quale ausiliario della chirurgia e dell’ostetricia -· era stato messo da parte, assistiamo dunque oggi a una ripresa di studi e di impieghi, se pure in guisa più prudente e soprattutto meno indifferenziata rispetto ad epoche in cui l’anestesiologia era ancora agli inizi. L’illustre Direttore dell’Yearbook of Obstetrics and Gynecology, il professore J. P. Greenhill, ha scritto poco tempo fa che, a suo parere, « l’ipnosi è estremamente utile in vari campi della medicina…; essa dovrebbe essere adoperata più largamente in ostetricia e in ginecologia ».
E’ chiaro tuttavia che anche quest’uso dell’ipnotismo ha le sue limitazioni, e anche le sue contro-indicazioni. Le limitazioni sono dovute in parte, come già accennato, ai grandi progressi dell’anestesiologia, la quale permette attualmente sfumature e dosature un tempo inimmaginabili, e viene pertanto adoperata quasi senza esclusioni, e con precisione e sicurezza infinitamente superiori rispetto al secolo scorso; in parte al fatto che solo un certo numero di pazienti risulta ipnotizzabile (circa il 25 per cento, secondo recenti statistiche americane). Le controindicazioni, infine, possono esser determinate dal fatto che la condizione dell’ipnotizzato è pur sempre uno stato di regressione e di dissociazione psichica – cosicchè non si può totalmente escludere l’eventualità che, a causa· dell’ipnosi, si manifestino turbe mentali prima latenti, specie in soggetti per i quali fosse stato considerato necessario un ripetersi e un prolungarsi degli interventi ipno-suggestivi.
Più che nel campo strettamente chirurgico (si tratti di chirurgia generale o di piccola chirurgia dentaria), l’ipnotismo e la suggestione sembrano attualmente trovare buone applicazioni, come si è detto, nel campo ginecologico ed ostetrico: il che sembra la migliore e più eloquente conferma di quanto Esdaile aveva mostrato e preconizzato più di un secolo fa. Nel 1952, il dott. A. M. Michael pubblicò i risultati relativi a trenta casi di parto in ipnosi blanda, il 75 per cento dei quali erano stati indolori. Due altri notissimi specialisti statunitensi, i dottori Kroger e De Lee, hanno diffusamente esposto la loro tecnica di parto indolore (basata su una serie progressiva di condizionamenti ipnosuggestivi) ed i relativi risultati, che non si possono non definire impressionanti. Queste ultime, oculate e aggiornate applicazioni del vecchio ipnotismo presentano, com’è ovvio, particolare interesse nell’attuale momento, in cui la questione del parto indolore è stata portata, da un’altissima parola, su un piano di umana universalità.
Emilio Servadio