Perché l’uomo d’oggi tende a fumare sempre di più
La· psicoanalisi e il piacere della sigaretta
Il Tempo 12/10/1956

Quali sono le esigenze psicologiche cui, senza rendersene conto, dà sfogo il fumatore accanito – « Conflitti nevrotici » e ricerca paradossale di frustrazioni da parte dell’Io inconscio.
Le più recenti esperienze, effettuate da medici, fisiologi e chimici inglesi, sui rapporti tra fumo e cancro del polmone, hanno confermato quelle dei loro colleghi statunitensi. Sembra ormai accertato che l’intenso fumare predispone al predetto carcinoma, anche se non ne è la causa unica e primaria: e non può non colpire il fatto che tutti i componenti del team scientifico inglese, giunti al termine della loro ricerca, abbiano cessato di fumare! Investigazioni analoghe si stanno compiendo anche in Italia (particolarmente accurate e ingegnose quelle del gruppo di studiosi guidati dal professor Favilli, dell’Università di Bologna), e appaiono preludere a conclusioni similari.
Non sembra invece (sebbene le statistiche in questo campo siano assai incerte data la molteplicità dei fattori in giuoco) che lo «spauracchio» del cancro al polmone abbia prodotto una sensibile diminuzione nel numero dei fumatori, o nel consumo del tabacco nel mondo. E ciò non desta meraviglia in chi sa quanto poco possano agire considerazioni razionali su certi impulsi e processi emozionali di ordine psicologico o psicopatologico. Cercate, se vi è possibile, di convincere alla astinenza un tossicomane, dimostrandogli che la cocaina· o la morfina sono sostanze che corrodono e distruggono la personalità! Cercate, se vi riesce di persuadere un giocatore inveterato ad allontanarsi dal tavolo verde, ricordandogli che il giuocare lo porterà prima e poi fatalmente alla rovina!..
La spinta cieca dei motivi inconsci è più forte di qualsiasi esortazione o ragionamento o convinzione cosciente.
Sarebbe quindi opportuno, a nostro avviso, che le autorità sanitarie nazionali o internazionali, nelle loro eventuali, future campagne contro l’abuso· del fumo, affiancassero gli argomenti razionali, e le dimostrazioni basate sui fatti, con qualche indicazione psicologica, atta a far comprendere per sommi capi che cosa, in sostanza, spinge a fumare smodatamente, ossia a quali esigenze psicologiche suole dar sfogo, senza rendersene conto il fumatore accanito. In guisa analoga, una campagna contro l’uso degli stupefacenti potrebbe, crediamo, essere assai, più efficace qualora fosse accompagnata da spiegazioni, anche sommarie, relative a ciò che oscuramente si svolge nella psiche del tossicomane.
Cercheremo, sia pur brevemente, di dare noi stessi qualche ragguaglio sulla « psicologia del fumatore »: non senza premettere che i processi che descriveremo non possono considerarsi patologici in· senso clinico – così come non lo sono quelli che portano molte persone, una volta tanto, a « fare un pokerino », o, il sabato sera, a riempire una scheda del Totocalcio. Sarebbe assurdo considerare questi milioni di individui alla stregua dei « posseduti dal dèmone del giuoco »; ed altrettanto assurdo sarebbe classificare come caso patologico quello di chi fuma qualche sigaretta nel corso delle sue giornaliere occupazioni. La larga « socializzazione » di certi fenomeni o costumi impedisce, ipso facto, di considerarli patologici. Se così non fosse o dovremmo classificare come anormali psichici i « tifosi » del calcio o i collezionisti di cartoline illustrate…
Il piacere che si ricava da fumare è una· soddisfazione composita, ossia fatta di più elementi fusi insieme, e non molto facili ad isolare. E’ chiaro, anzitutto, che l’effetto farmacologico dell’inalare il fumo non è che uno di tali elementi, e non spiega affatto, da solo, l’anzidetto piacere. Sarebbe relativamente facile introdurre in altro modo, nell’organismo, ciò che il fumatore vi· immette: ma andate a proporre a chi fuma un « cambio » del genere…
Non c’è dubbio, beninteso, che tale effetto esista e non sia trascurabile. Esso tuttavia· s’ accompagna e si fonde in primo luogo con una « soddisfazione orale-tattile », procurata dal contatto della sigaretta o del sigaro con le labbra e con la bocca. Questa soddisfazione, presa isolatamente, si apparenta a quella, più generale, del succhiare e del masticare – come appare evidente considerando certi surrogati parziali del fumare (invisi in genere ai fumatori), quali il tenere in bocca una sigaretta spenta, o un frammento di legno, o una finta sigaretta al mentolo; oppure una caramella o un pezzo di gomma americana. Si aggiunge alle due già menzionate una soddisfazione « orale-incorporativa a, ossia il piacere di introdurre in sé qualche cosa, di assorbire, di trattenere, con piccoli e ripetuti atti volitivi.
Vi è ancora, nel fumare, un piacere visivo, che consiste, come è noto, nel percepire e seguire con lo sguardo le volute del fumo, le loro modificazioni, i percorsi e le forme che – il fumatore imprime loro. Il fumatore, si direbbe, ricava piacere, tra l’altro, nel guardare ciò che egli stesso ha prodotto, e nel potere in qualche modo agire su tale produzione, dirigerla, giuocarvi. Tutti i fumatori sanno, infatti, che fumare al buio diminuisce grandemente, o addirittura annulla, il loro piacere.
A ciò bisogna infine aggiungere soddisfazioni olfattive (aroma della sigaretta o del sigaro); soddisfazioni tattili e ludiche (manipolare, quasi giocandovi, la sigaretta e i vari oggetti di cui ci si serve); ecc. Di alcune tra queste varie soddisfazioni, sono sin troppo ovvi gli· equivalenti e i significati – dal punto di vista psicoanalitico. Schematicamente, comunque, abbiamo nel fumare la presenza e la confluenza di non meno di sei o sette componenti diverse, che tutte quante contribuiscono al piacere globale del fumatore!
Questo, per quanto riguarda – il problema generale del fumare – nel quale, come abbiamo avvertito, non sarebbe corretto voler ravvisare alcunché di clinicamente patologico. Ma in questo quadro di abitudini e di processi ampiamente socializzati e relativamente «normali» si inserisce il profilo, psicologicamente e fisiologicamente allarmante, del fumatore inveterato, « a catena », che non solo opera a danno del proprio organismo, ma esprime, nei fumare, suoi particolari, inconsci e spesso gravi conflitti nevrotici. Si tratta, in genere, di individui emozionalmente instabili, ansiosi, con tratti di carattere che li avvicinano agli ossessivi. Al limite, troviamo il tipo psicologico magistralmente descritto dall’illustre psicoanalista americano Edmund Bergler: cioè l’individuo il quale vorrebbe apparentemente mostrare, attraverso il continuo fumare, di essere oralmente avido, insaziabile, perennemente in cerca di qualche cosa di piacevole da assaporare e incorporare: mentre se si scandaglia più a fondo la sua personalità, si trova una ricerca inconscia, e paradossale di frustrazioni e di insoddisfazioni, sostanzialmente masochistica, la quale ripete atteggiamenti primordiali e non superati della sua lontana infanzia.
Porre più chiaramente e diffusamente in luce l’anzidetta problematica, e portare queste ed altre nozioni, di psicologia come di fisiologia normali o patologiche, a conoscenza de, vasto mondo dei fumatori, sarebbe opera altamente meritoria di igiene e di profilassi sociale e arrecherebbe, riteniamo, notevoli vantaggi alla collettività, molto più che non l’agitare periodicamente e unilateralmente il babau dei « danni fisici » del troppo fumare. Ma una simile opera esorbita dal nostro compito e andrebbe oltre la portata semplicemente indicative di queste note. Provideant consules!
Emilio Servadio

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