Perché l’apparecchio « avvertitore » non può « avvertire ».
Luce e Ombra 1931

I nostri lettori sono già informati intorno all’apparecchio «avvertitore» Vandermeulen, più volte ricordato in queste pagine (cfr. « Luce e Ombra », 1930, p. 193 segg., 340 segg., 571 segg.). Nello scorso numero della presente Rivista abbiamo accennato a una nostra visita al signor Rutot, membro dell’Accademia Reale Belga, il quale, come è noto, ha contribuito potentemente a far conoscere tale apparecchio. Siamo lieti di confermare ciò che il sig. Rutot ha pubblicato nel n. 4 (ottobre) del « Bulletin de Recherches Métapsychiques de Belgique », cioè che l’apparecchio ha funzionato sotto i nostri occhi, senza contatto di alcuno; e a più riprese. Il tentativo da noi fatto, di ottenere una comunicazione con lo oui-ja, fallì del tutto, certo per la nostra assoluta incapacità di abbandonare anche minimamente, nello stato di veglia, il controllo dei nostri atti a favore di iniziative subconscie. Quanto all’apparecchio, non avendo alcuna specifica competenza in materia di elettricità, riservammo ogni giudizio pur concludendo in via del tutto generica che prima di ammettere l’intervento diretto di un’entità disincarnata come causa del suo funzionamento, sarebbe occorso procedere alla rigorosa e sistematica eliminazione di ogni altro possibile fattore di ordine fisico… e ancora! Ad ogni modo apprezzammo e apprezziamo al giusto valore la grande cortesia e buona volontà del sig. Rutot, così come il suo giovanile entusiasmo nel difendere idee e realizzazioni a lui care.
Ma l’indagine ha i suoi diritti; e quell’esame che avremmo desiderato di poter compiere personalmente, con l’aiuto di esperti, è stato frattanto condotto a termine dall’ingegnere elettricista Henri Mathouillot, il quale ne ha fatto oggetto di un’interessantissima relazione, apparsa nei numeri di settembre e di novembre della «Revue spirite ».
Il Mathouillot afferma anzitutto che « era assai semplice accertare se le chiamate provenivano realmente da una causa intelligente. Senza mutar nulla all’apparecchio, bastava inserire, sul filo di ritorno alla suoneria, un commutatore a due direzioni; deviare la corrente, al primo appello, su una suoneria a un solo colpo, e chiedere all’ « entità » di ripetere l’appello secondo una determinata cadenza: 1 , 2, 3 colpi, o di rispondere con 1 o 2 colpi (significanti p. es. si o no) a una domanda precisa… ». Ciò non è stato fatto da alcuno. Ma l’ing. Mathouillot ha fatto assai di più, esaminando su basi tecniche la costruzione e il funzionamento medesimo dell’apparecchio.
In primo luogo, posto che la sospensione del triangolino di contatto era troppo instabile per garantire l’indipendenza delle chiamate da cause di ordine meccanico, il M. ha costruito un apparecchio di uguale, se non maggiore sensibilità, sostituendo al triangolino una piccola elica metallica, ruotante al minimo impulso intorno a un’asse verticale, e suscettibile di venir facilmente mossa da qualsiasi azione di ordine elettrico (ma non altrettanto facilmente in caso di vibrazioni meccaniche) e posta a contatto delle sfere (una resinosa, l’altra no), sostituite ai prismi per la semplice ragione che il preteso « flusso energetico » proiettato sull’apparecchio, dovendo produrre per definizione fenomeni elettrici di ordine statico, avrebbe dovuto essere favorito da superficie rotonde e ostacolato dalle punte o dagli spigoli. Il nuovo apparecchio offriva dunque condizioni assai più favorevoli di quello a suo tempo illustrato dal sig. Rutot. Inoltre esso era sottoposto a un doppio controllo: quello di un triangolino « testimonio » analogo a quello dell’apparecchio Vandermeulen, e quello di un piccolo elettrometro a palline di sambuco; e orientato in direzione N.-S. per eliminare qualsiasi influenza eventuale di correnti telluriche.
In quattro mesi di osservazioni quotidiane si ebbero i seguenti risultati: 1°) spesso il triangolo si è mosso, rimanendo ferme la piccola elica e i pendolini di sambuco; 2°) 32 volte la suoneria ha agito, e in questo caso tanto l’elica che il triangolo si sono mossi, ma non gli elettrometri; in tali casi una causa d’ordine meccanico un po’ violenta è certamente intervenuta; 3°) ogni volta è stata sempre chiesta la ripetizione del fenomeno, ma inutilmente; 4°), furono invertiti i raccordi tra i fili e le sfere, ma senza risultato; 5°) una volta l’apparecchio ha agito con la sola elichetta, senza movimenti contemporanei del triangolino e dell’elettrometro; in tal caso rimaneva il dubbio circa un eventuale urto meccanico ricevuto; 6°) allora fu sostituito l’elettrometro di sambuco con un elettrometro a foglie d’oro, assai più sensibile: si ebbero altri movimenti dell’elichetta, piccoli movimenti del triangolo, immobilità assoluta dell’elettrometro.
La prima parte della relazione del M. termina ammettendo che l’apparecchio possa esser fatto agire, caso mai, telecineticamente da persone dotate di facoltà medianiche. È quanto noi stessi (cfr. «Luce e Ombra» » 1930, p. 342) avevamo supposto. Ma le indagini successive dell’Autore permettono di scartare anche quest’altra ipotesi, o quanto meno, di renderla non necessaria.
Il M. ha continuato infatti le proprie verifiche riprendendo in esame l’apparecchio Vandermeulen a prismi, modificato non da lui ma dagli sperimentatori di Bruxelles e consegna a E. Wietrich dallo stesso sig. Vandermeulen (padre di Henri il quale, come è noto, l’avrebbe inventato nell’al di là) ; le modificazioni consistevano nell’aver foggiato i prismi in un sol blocco col supporto di vetro, e nell’aver abolito il filo metallico che congiungeva superiormente i prismi stessi.
Garantita assai meglio la condizione che il triangolino rimanesse parallelo al filo positivo della pila, l’apparecchio resta muto; invece lasciando (come normalmente avviene) che il triangolo si accosti più da un lato che dall’altro al suddetto filo, avvengono frequenti contatti, dovuti alla fragile sospensione, alla vicinanza (mm. 1 o 2), e alle varie cause di oscillazioni possibili. Le vibrazioni violente non turbano l’equilibrio del triangolino; invece – e qui è il punto più interessante della relazione del Mathouillot «ponendo l’apparecchio sopra un mobile (soprattutto se questo è leggiero), si trovano sempre, o nella stanza, o all’ingresso di una stanza attigua, uno o più punti nevralgici, in corrispondenza dei quali l’apparecchio suona quando si passa… Così l’apparecchio, posto nella sala da pranzo sopra una credenza situata a cavallo di quattro intertravi di un parquet d’Ungheria, suona a volontà allorché si pone il piede su un determinato luogo di un quinto intertrave, il cui punto d’appoggio è vicino a quello su cui poggia uno dei piedi della credenza ».
Si converrà che questa verifica è assai conclusiva. Ma c’è di più. Dopo aver constatato che gli appelli non sono continui, ma a battiti » e che di conseguenza « è da escludere che una carica qualsiasi di elettricità statica si sia mai avuta sui prismi o sulle sfere degli apparecchi », e dopo aver mostrato come la superficie stessa dei prismi sia insufficiente a ricevere la carica necessaria a far muovere il triangolo, il M. si è chiesto infine addirittura se i prismi avessero, nell’apparecchio, l’importanza fondamentale loro attribuita dal sig. Rutot, e per rispondere a tale domanda ha: 1°) ricoperto il prisma di vetro con una guaina protettrice, isolandolo completamente da ogni influenza.., e gli appelli si sono avuti nelle stesse condizioni di prima; 2°) svitato e tolto del tutto il prisma suddetto sostituendo il suo filo di raccordo al filo positivo della pila con un altro filo, extra rigido, di ugual forma e ugual percorso. Si ebbero effetti uguali a quelli ottenuti col prisma:, il che prova nettamente, questa volta, la sua inutilità; 3°) ricoperto il prisma resinoso con una guaina di protezione, isolandolo dal triangolo: il che non ha impedito a questo di comportarsi come prima; 4°) ridotto finalmente l’apparecchio alla sua più semplice espressione’, sopprimendo i due prismi e sospendendo il triangolo a un uncino fissato a un filo extra rigido connesso alla suoneria. Questa rimane sempre egualmente mula quando il triangolo i parallelo al filo positivo della pila, mentre si hanno gli stessi « appelli », diversi e frequenti, in altri casi, come se ci fossero i due prismi.
Riassumendo, l’ing. Mathouillot afferma: 1°) non esser stato possibile aver alcun appello proveniente da una causa intelligente; 2°) che nessuna carica elettrica, per quanto minima, ha potuto essere accertata negli apparecchi al momento degli appelli; 3°) che la funzione dei prismi, sfere o altro è assolutamente nulla. E conclude che, spiritista convinto com’è, egli aveva iniziato lo studio dell’apparecchio Vandermeulen con la speranza di dimostrare scientificamente la realtà dei richiami dall’ Al di là, e che quindi constata con dispiacere l’assoluta negatività dei risultati e l’impossibilità di difendersi più oltre dell’ipotesi del sig. Rutot.
Siamo curiosi di sapere se e come il ricercatore belga potrà replicare a un esame così fondato e minuzioso. Per conto nostro, ci sembra che esso lasci scarsi dubbi circa l’avvenuta « liquidazione » di un apparecchio che aveva fatto sorgere (non in noi, però, né presso i nostri lettori) tante affrettate speranze.
Emilio Servadio

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