L’ultimo libro di Freud
L’Italia Letteraria 12/2/1933

Le Vorlesungen zur Einfuehrung in die Psychoanalyse costituiscono il più noto fra i libri di Freud, né v’è bisogno di ricordarne qui le caratteristiche. Tale opera risale però al 1915-16, ed era vivo il desiderio di vederla completata e aggiornata in base a quanto la psicoanalisi è andata via via precisando nel frattempo. Le Neue Folge or ora appare (1) soddisfano appunto a questa esigenza e costituiscono l’integrazione e la revisione delle prime. Freud, pur non avendo tenuto queste nuove Vorlesungen davanti a un pubblico, ha conservato loro la forma di lezioni e la numerazione progressiva delle altre, cosicché il libro comincia con la lezione XXIX.
Esso affronta subito uno dei più classici temi freudiani, quello del sogno e della sua interpretazione.

La teoria analitica del sogno è rimasta, osserva il Freud, sostanzialmente immutata. Respinte per l’ennesima volta con imperturbabile calma, le accuse di coloro che vorrebbero fargli dire ciò che egli non ha mai detto (per es., che tutti i sogni hanno soltanto un contenuto sessuale e così via), l’Autore della Traumdeutung insiste sull’importanza del ″contenuto latente″ onirico, dei cosiddetti ″resti diurni″, che forniscono una parte del materiale al ″contenuto manifesto″ dell’″elaborazione secondaria″ del sogno nel racconto che se ne fa allo stato di veglia. Quanto all’interpretazione di questo o quel sogno particolare, il Freud ricorda che essa non si può dare se non attraverso le ″associazioni″ ulteriori del sognatore; cosicché è vana e un tantino ridicola la pretesa, che molti avanzano, di farsi spiegare analiticamente un sogno in base alla sua semplice enunciazione.

Le ″novità″ di questo capitolo abbiamo detto, sono scarse: esse vertono in particolare su due nuove equazioni simboliche, accertate con tutta sicurezza e approfondite dal compianto Abraham e rispettivamente dal Feranchi: sui simboli cioè relativi al ″ragno″ e al ″ponte″ (troppo lungo sarebbe esaminarli in questa sede); inoltre, su quella che sembra essere l’unica eccezione alla regola generale per cui il sogno ″è il tentativo di realizzazione di un desiderio″, cioè sul sogno che rievoca esperienza traumatica (sogni in cui si rivivono, ad es., terribili eventi di guerra. Secondo alcuni psicoanalisti, è anche a parere del sottoscritto neppur questi sogni contravverrebbero alla regola, ma il loro meccanismo non saprebbe venir illustrato se non in base a complicate considerazioni metapsicologiche.
Nella lezione XXX Freud affronta un argomento per lui insolito: il rapporto del sogno con quei fenomeni ancora malnati cui si da il nome di ″metapsichici″ e che in Germania vengono spesso malamente ricompresi sotto il termine ″Okkultismus″ (anche il maestro viennese adopera questo brutto vocabolo). Non c’intratterremo su questo capitolo, se non per dire che il Freud ammette pienamente la legittimità e il buon fondamento degli studi metapsichici, affronta in particolare (ma già l’aveva fatto in saggi pubblicati anteriormente su riviste) il problema della telepatia nel sogno e dichiara che l’ipotesi telepatica è fra tutte la più probabile per l’interpretazione di certi eventi onirici. Egli suppone, anzi, che la telepatia sia molto più frequente di quanto non si creda, e che particolari situazioni psichiche di singoli o di gruppi, possano favorirla: così per es. per quanto riguarda i presunti rapporti telepatici tra bambini e genitori. Di tutta la restante fenomenologia metapsichica il Freud non si occupa espressamente, cosicché il titolo della lezione (″Traum und Okkultismus″) non risponde del tutto al suo contenuto.

La lezione XXXI considera la ″scomposizione″ della personalità psichica. E’ inutile ricordare lo schema, notissimo, che della personalità psichica il Freud aveva dato nelle sue prime Vorlesungen e aveva poi sviluppato in suoi successivi lavori. Qui egli non fa che integrare le vedute di allora e introduce per il pubblico ipotetico cui si rivolge i concetti, importantissimi, di Super-Io e di Es. Circa la formazione e la struttura del Super-Io, non si mostra completamente soddisfatto dei risultati raggiunti in sede teoretica; ritiene che molto vi sia ancora da approfondire e da scoprire; non gli sembra in particolare, del tutto sufficiente la teoria per cui il Super-Io si formerebbe secondo un processo di identificazione (e ″introiezione″) del bambino rispetto ai genitori o agli educatori (ciò che era stato già visto assai chiaramente dal Weiss). Quanto all’Es, Freud lo identifica col sistema inconscio, sciogliendo una riserva che per altri, come per il Weiss, già più non esisteva.
Sui temi dell’″angoscia″ e della ″vita istintiva″ verte la lezione XXXII, che reca parecchie varianti alle prime Vorlesungen. Si tratta, comunque, di idee contenute già in altre opere di Freud, particolarmente in Jenseits des Lustprinzips e in Hemmung, Symptom und Angst. L’attuale impostazione del problema della rimozione (Verdrängung) è, secondo Freud, la seguente: l’individuo “rimuove” in seguito all’angoscia provata di fronte a una situazione di pericolo esteriore ma come situazione di pericolo egli postula solo un’esperienza traumatica la quale porta con sé eccitamenti che l’individuo non riesce a “legare”, e che per ciò appunto determina l’angoscia. Come si vede, tate teoria del meccanismo della rimozione è assai più soddisfacente di quella esposta quindici anni addietro. Ne risulta particolarmente chiaro, tra l’altro, il caratteristico comportamento dei nevrotici i quali mantenendo particolari rimozioni, continuano a reagire infantilmente di fronte a situazioni che l’individuo normale invece “rettifica”, riesce a “legare” e a superare. Sempre in questo capitolo Freud riassume tutto quanto concerne le fasi pregenitali della “libido” (altro punto che nelle prime Vorlesungen era appena sfiorato), per svolgere poi i due concetti base della vita istintiva, quello della “coazione a ripetere” (Wiederholungszwang), che costituisce il presupposto biologico di molti processi psichici dell’adulto, e quello del nuovo dualismo degli istinti (istinti dell’Eros, istinti della morte) già diffusamente esposto nell’opera Das Unbehagen in der kultur.

La XXXIII lezione svolge l’argomento della “femminilità”. Vengono in essa impostati alcuni quesiti interessantissimi, senza però affrontare la questione in sede biologica. Freud dichiara esplicitamente che non intende se non arrecarvi qualche contributo di carattere psicologico. Egli illustra, tra l’altro come reagisca la bambina nelle diverse epoche del suo sviluppo.
Degna di particolare attenzione è la distinzione, posta da Freud, tra il rapporto pre-edipico con la madre, e quello (post) edipico, per la patogenesi di varie situazioni nevrotiche.

“Chiarimenti, applicazioni, orientamenti” è il titolo della penultima (XXXIV) lezione. Freud ci offre anzitutto un quadro assai veridico finemente e spesso umoristicamente, di come venga accolta la psicoanalisi negli scritti di molti che pretenderebbero esaminarla, e di come se ne parli nei salotti… Una critica serrata alla scuola di Adler, in cui si mostra tutta l’unilateralità della cosiddetta “psicologia individuale”, costituiscono un’altra pietruzza di questo interessante mosaico: è forse questa la lezione più varia ed estrosa di tutta l’opera. Segue un esame quanto mai sereno e non certo troppo ottimistico, circa le applicazioni della psicoanalisi a vari campi del sapere con particolare riguardo, s’intenda, alla pedagogia e alle difficoltà (che agli occhi di un psicoanalista appaiono in tutta la loro estensione) dell’educazione infantile. Il Freud non si nasconde tali difficoltà, insiste sul grande lavoro che attende i volenterosi, come non si nasconde le difficoltà che può incontrare ed incontra la psicoanalisi terapeutica, le cause di taluni insuccessi, le vie da seguire perché il metodo sempre più si perfezioni. Non sarebbe male che gli avversari della psicoanalisi constatassero questa serena imparzialità di Freud nel giudicare la scienza cui è legato il suo nome.


Siamo così all’ultimo capitolo lezione XXXV, il cui titolo ″sopra una Weltanschauung″ farà drizzare gli orecchi a molti filosofi. Ma Freud s’incarica tosto di deludere le facili aspettative: egli non ha alcun rimedio ″totale″ da proporre, non dice alcun ″sistema″; si dichiara, anzi, contrario a tutti i miracolismi e a tutti i sistemi (da ciò, e da varie sfumature del suo discorso, appare, come egli nutra scarse simpatie per un certo scientismo tedesco). Difende invece certe ″finzioni″, ad es. quelle artistiche, ma appunto perché la finzione è qui sottintesa o dichiarata, e reca benessere all’individuo senza creargli dei ″tabù″ e delle angoscie non necessarie.
Particolarmente interessante, ma impossibile a riassumere ed esaminare qui, è l’atteggiamento antagonistico che Freud assume di fronte al Marxismo e al materialismo storico: atteggiamento che naturalmente deriva dalla sua concezione degli istinti aggressivi e dello svolgersi niente affatto ″deterministico″ dell’umanità.
Questo capitolo, in conclusione, è un’appassionata difesa del metodo scientifico che non può prescindere da una realtà empirica e che persegue la verità contro qualsiasi altro atteggiamento mentale. Alla scienza, dice Freud, non aspetta il termine di Weltanschauung, perché la scienza è incompleta, non considera la totalità dei problemi è un metodo e nient’altro che un metodo. “Chi vuol di più per appagare i suoi bisogni del momento, tenti di soddisfarli dove crede. Noi non ce la prenderemo certo a male, ma non potremo per ciò pensare diversamente”. Così termina, con una conclusione di sereno agnosticismo, la nuova fatica del fondatore della psicoanalisi. Ma chi non comprenderà il suo sentimento? Egli per primo, e poi molti altri, hanno fatto compiere alle conoscenze umane progressi notevolissimi, hanno approfondito talune questioni che toccano i problemi più gravi che l’uomo possa proporsi…
Allora taluno vorrebbe da lui il coronamento il “sistema”, la parola definitiva. Ma questa Freud non può darla in quanto scienziato, in quanto ricercatore, in quanto uomo onesto che ben conosce la vastità ancora inesplorata del campo da lui pienamente percorso. “Chi vuol di più cerchi altrove”. Questa, e non altra, doveva essere la risposta di Freud.
Ma il suo valore consiste appunto in quell’ansia perenne di progredire, di migliorare, di scovare più a fondo. Quale esempio migliore di questo suo attuale ritornare su un’opera già famosa, per completarla ove gli sembrava manchevole? Non ne giudicheremo qui la portata scientifica (occorrerebbe un lungo studio per ogni singolo capitolo: ma certo potremo dire che il semplice fatto di averla concepita e presentata al pubblico costituisce un tipico atto di probità culturale e di amore al sapere. Da tale punto di vista, forse, mai un autore si rispecchiò nel suo lavoro come in queste Neue Folge Sigmund Freud.

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